mercoledì 28 ottobre 2015

0002 - riunione nel seminterrato

Il Chaika Bar è un piccolo locale dalle vetrate colorate, incastrato tra una macelleria chiusa da tempo ed una tabaccheria che sopravvive a malapena in una delle vie secondarie del South End. I clienti sono pochi e quasi tutti di nazionalità russa, probabilmente a causa del caffè scadente e del puzzo di sigaretta che ammorba il locale nonostante i divieti imposti dalla gestione cittadina.
Ma al proprietario, Boris Antonovich, questo non importa poi molto. Il locale serve solo come copertura per poter gestire in tranquillità i suoi traffici illeciti. Boris si vanta spesso di aver creato dal nulla una organizzazione che ora è considerata tra le più importanti famiglie affiliate alla mafia russa presenti a Boston. In pochi anni è riuscito a prendere le redini dello spaccio nel cuore della città, prima in mano ai colombiani, ed ora sta cercando di entrare nel ramo logistico del mercato nero.
Margarita apre la piccola porta a vetri e raggiunge i compagni, in piedi accanto al bancone con un bicchierino di vodka in mano. "Cazzo, siete già arrivati tutti? Alexei ha chiamato anche voi o eravate già qui ad ubriacarvi?"
"Io sono stato tirato giù da letto" risponde Pavlov con una smorfia, ripensando al sogno troncato a metà in cui era ancora un'atleta e si esibiva alle olimpiadi. La mano istintivamente comincia a grattare la gamba destra, distrutta dopo un fuori pista sugli sci e causa della fine prematura della sua carriera sportiva.
"Sai di che si tratta? Ti ha detto niente?" chiede Anatoli, svuotando il bicchiere in un sorso ed appoggiandolo sul tavolo.
"No, nulla" ribatte la giovane spacciatrice.
"Spero sia qualcosa di grosso" commenta Viktor, chiamato da tutti Popov per l'omonimia con il celebre fisico russo. Il ghigno sul suo volto deforma la lunga cicatrice che gli deturpa la guancia, rendendolo ancora più brutto. "Ho voglia di muovere un po' mie mani".
Un cameriere si avvicina al barista e gli sussurra qualcosa all'orecchio, poi si allontana ritornando in cucina. "Ragazzi, Alexei aspetta voi di sotto".
La squadra scende e raggiunge il piccolo ufficio nel seminterrato. Dietro ad una grossa scrivania in mogano un uomo sui quarant'anni è in attesa che qualcuno risponda all'altro capo del telefono. I capelli brizzolati, tagliati a spazzola, ed il tatuaggio che spunta dal colletto della camicia inamidata tradiscono il suo passato nell'esercito e la sua prolungata permanenza nelle prigioni russe.
"Merda, non risponde" impreca Alexei, riagganciando e scagliando il cellulare sul tavolo.
"Per cosa voleva vederci, capo?" dice Viktor, sedendosi sulla poltrona in pelle, segnata in più punti da bruciature di sigaretta.
"Alla buon'ora!" sbraita l'uomo, appoggiando i gomiti sulla scrivania e fissando i presenti. "Ho grosso problema. Un'ora fa la Polikarpov Mect doveva attraccare al molo privato della Wigglesworth con un carico per noi. Ho mandato Zykov a controllare che tutto filasse liscio, solo che non ha ancora chiamato. Ho già provato a contattare lui un sacco di volte, ma quello stronzo non risponde".
"Cosa vuole che facciamo?" chiede Margarita, accendendosi una sigaretta ed esalando la prima boccata di fumo, in attesa di avere qualcosa di più forte fra le mani.
"Vi accompagnerò lì, voi controllerete carico e poi lo porterete da Patty's Auto Parts, uno sfasciacarrozze che usiamo di tanto in tanto. Io intanto devo correre a calmare acquirente".
Alexei si alza in piedi, afferra il telefono e se lo infila in tasca. "Mi raccomando, voglio che questa cosa venga risolta al più presto, sennò qui scoppia gran casino".
"Nessun problema, capo" risponde Viktor, mimando un saluto militare.

3 commenti:

Nicholas ha detto...

Molto bene, si inizia subito spinto!
Anche lo stile da hardbolied mi piace molto.

Mr. Mist ha detto...

Mi ricorda molto GTA 4 e questo è decisamente positivo!

andrea ha detto...

I giocatori si stanno divertendo da matti a fare i malavitosi e le stoccate urlate con l'accento russo mi fanno piegare!

Per questa settimana c'è un ultimo post venerdì, poi dovrei riprendere la solita pubblicazione "quotidiana"... almeno finché ho storie da raccontare! (non ci troveremo molto spesso causa impegni lavorativi)