venerdì 29 aprile 2016

0108 - sala di controllo

Dopo essere uscito dal centro di Boston, Anatoli si immette nella statale e guida per una mezz'oretta in mezzo al traffico; raggiunto Milton, uno dei sobborghi di Boston, svolta in una laterale e si dirige verso l'hotel gestito da Zoya, una bassa costruzione dipinta di bianxo ad un solo piano, dotata di tante finestre coperte da pesanti tendaggi.
La macchina si ferma in uno dei tanti parcheggi liberi. Sergej smonta e tende la mano per aiutare la maîtresse a scendere, ma questa lo fissa furente. "Io può ancora muovermi con mie gambe!"
"Izvinì, Zoya" si scusa il pianista. "Io voleva solo aiutare".
Dopo essere uscita a fatica dalla macchina, la donna raddrizza la schiena, lancia un'occhiataccia a Sergej, quindi precede i russi fino all'ingresso. "Prego, voi entra" esclama, aprendo la porta e facendo loro cenno di entrare.
"Cavalleria è morta" mormora il pianista, scuotendo la testa.
"Zoya è piccola puttanella, cosa tu pretende?" sussurra Margarita passandogli accanto. "Tazza di te e pasticcini?"

L'atrio del motel odora di patchouli e disinfettante, con un vago olezzo di fumo stantio. Quando la spacciatrice annusa l'aria, istintivamente si infila in bocca una sigaretta e se l'accende.
Zoya si trasferisce dietro al piccolo bancone, getta le chiavi in una piccola ciotola, poi fa cenno ai compagni di accomodarsi sulle piccole poltroncine dal rivestimento ormai liscio e scolorito. Dopo un'occhiata ai divanetti, tutti scuotono la testa.
"Dove tu conserva riprese?" chiede Anatoli resistendo all'istinto di appoggiarsi al bancone.
"In stanzino su retro" risponde Zoya, indicando una piccola porta a soffietto.
"Io ha proprio voglia di vedere volti di questi razzisti di merda" mormora il corriere, facendo scorrere l'anta ed entrando nell'angusto locale. Una pesante scrivania occupa tutta la parete di fondo; sopra vi sono appoggiati due monitor, raggiunti da una ragnatela di cavi che penzolano dal controsoffitto. Il silenzio dell'albergo è rotto dal sommesso ronzare delle ventole di un piccolo computer incassato in uno scanso della scrivania.
Zoya si accomoda sulla sedia imbottita, quindi avvia il programma per la gestione delle riprese.
"Allora, cosa voi vuole vedere?" esclama con un sorriso parzialmente rovinato dall'occhio pesto. "Per scene hard però voi paga come normali clienti, da?"

mercoledì 27 aprile 2016

0107 - ricostruire l'aggressione

"Tenere bomba sporca è rischio troppo grosso per nostra Famiglia" mormora Alexei, concentrato su uno dei disegni del tappeto che spunta da sotto la scrivania; dopo una piccola pausa il russo alza gli occhi ed osserva il volto tirato dei suoi uomini. "Voi deve lavorare usando testa. Famiglia Antonovich non deve risultare implicata in alcun modo con affare di carico nucleare, da?"
"Da" sussurra Anatoli, lo sguardo serio fisso negli occhi del capo.
"Bene, ora voi va in altra saletta con Zoya e discute con lei di aggressione" esclama Alexei, dirigendosi alla porta ed aprendola; un chiaro segno che il colloquio è finito.
I tre russi seguono la maîtresse nella stanza di fronte, quindi si accomodano attorno al tavolo.
"Tu può dire noi chi ha aggredito te?" chiede Sergej.
"Tu conosce loro nomi? Tu può descrivere loro aspetto?" aggiunge Margarita, accendendosi una sigaretta ed offrendone poi una alla compagna, che rifiuta scuotendo la testa.
"Quattro ragazzi bianchi, magri e giovani" inizia a dire Zoya, ma viene subito bloccata dalla spacciatrice.
"Russi? Italiani?"
"Americani. Hanno chiesto due coppie".
Anatoli guarda perplesso Sergej; nessuno dei due sembra afferrare il senso dell'ultima frase. Zoya, accorgendosi dello scambio di sguardi, sospira e si appresta a spiegare. "Due uomini, una donna".
"Ah, io ha capito!" esclama sorridendo il corriere. "Loro voleva cosa a tre!"
"Da. Io penso che loro non aveva denaro sufficiente per quattro ragazze".
"Ok" mormora Sergej, indicando con un gesto di continuare.
"Loro ha cominciato e dopo poco mie ragazze ha urlato perché loro usa violenza. Io e Ioann siamo andati a bloccare loro, prendere soldi e buttare fuori da mio motel. Quando noi è entrati in prima stanza, altri due ha aggredito noi da dietro con spranga. Io ha preso botte, ma nulla di grave. Ioann è finito in ospedale con entrambe gambe rotte".
"Loro doveva essere grossi!" esclama Sergej, stupito di come la guardia del corpo di Zoya sia stata messa fuori gioco così facilmente.
Zoya riflette un secondo, poi scuote la testa. "Loro preso noi di sorpresa. Anche tu, che sei magrolino, può stendere uomo dando sprangata su schiena. Loro ha poi infierito su rotule di Ioann. Uno di loro ha dato me calcio su volto" aggiunge, indicando il proprio occhio tumefatto. Tutti percepiscono la rabbia nella voce della donna.
"Tu ora beve qualcosa e calma tuoi nervi" esclama Anatoli. "Noi pensa a tutto".
"Io è calma" sbotta Zoya. "Io ha sentito quello che Alexei ha detto. Voi fa quello che è giusto, ma tipo che ha pestato me deve soffrire. Voi fa lui molto male".
I tre russi si scambiano un'occhiata, poi tutti annuiscono. "Niet problema".
"Come io ha già detto, loro era magri, bianchi. Vestiti con felpe e jeans. Tutti portava anfibi". Zoya chiude gli occhi per richiamare alla mente l'immagine degli aggressori. "Loro aveva capelli quasi rasati, tatuaggi con svastiche e frasi con caratteri gotici".
"Tu offre tue ragazze a bella gente" commenta sovrappensiero Anatoli.
Zoya socchiude gli occhi e fissa intensamente il corriere. "Gente viene, paga e consuma. Se loro non violenti, perché io deve rifiutare prestazione? Questa volta è andata male".
"Prossima volta tu fa pagare loro in anticipo" propone Sergej, poco avvezzo al mercato della prostituzione.
Zoya scrolla le spalle. "In tanti anni di servizio, mai successa cosa del genere".
"Tu ha chiesto loro documenti?" chiede Margarita.
La maîtresse sgrana gli occhi, poi esplode a ridere. "Questo non è hotel con stelle. Io non pensa che padre di famiglia che tradisce sua moglie vuole fornire me strumento per ricatto!"
La spacciatrice realizza cosa ha appena chiesto ed il suo volto diventa tutto rosso. "Io non... non pensava..."
"Tu ha telecamere in ingresso?" chiede Sergej, cercando di sviare il discorso.
"Da, io ha registrazioni".
Anatoli e Margarita scattano in avanti. "Noi vuole vedere filmati!" esclamano in coro.

venerdì 22 aprile 2016

0106 - un problema più personale

Il lampione davanti al Chaika Bar sfarfalla nella notte, illuminando il marciapiede di una luce gialla, evidenziando mozziconi calpestati, pacchetti di patatine accartocciati e foglie mosse dal vento. Una decina di cittadini, avvolti nei loro cappotti con il bavero alzato per proteggersi dal vento, camminano diretti alle loro case. Due ragazzini ispanici dal giubbotto di pelle, i jeans strappati e le Superga immacolate osservano i passanti che transitano davanti al muro su cui sono appoggiati lanciando sguardi minacciosi e ridendo delle reazioni impaurite che suscitano.
Margarita osserva distrattamente i due giovani dal finestrino mentre Anatoli svolta nel vicolo e si dirige verso l'entrata sul retro del locale degli Antonovich. Kir e Nikolai, i due uomini addetti alla sicurezza del locale, non si vedono da nessuna parte.
"Strano" esclama Anatoli. "Kir non è fuori a fumare".
"Lui sarà andato a comprare sigarette" ribatte Margarita, aprendo lo sportello e scendendo dalla nuova berlina del corriere.
"Anche suo compare, Nikolai, non è fuori a controllare vicolo" mormora Sergej, passando accanto alla spacciatrice e dirigendosi verso la piccola porta di metallo accanto ai bidoni della spazzatura.
Anatoli si guarda un po' intorno, poi scrolla le spalle e segue il compagno all'interno del locale. L'atmosfera sembra tesa, la musica è più bassa del solito e i pochi avventori abituali non sono seduti al loro solito posto. Quando il russo rivolge un saluto al barista, questi risponde con un cenno della testa e fa cenno al gruppo di scendere.
"Tutto questo è molto strano" mormora Anatoli.
"Forse è dovuto a problema di Alexei" ribatte Sergej, imboccando le scale e scendendo al piano interrato.
Dopo aver bussato un paio di volte, la familiare voce baritonale del capo invita il gruppo ad entrare. Alexei è appoggiato alla scrivania, le gambe incrociate e le mani che stringono lo spesso bordo di legno. Sulla sedia di fronte a lui siede Zoya, con la testa china in avanti e le spalle incurvate.
"Privièt capo, noi ha cercato di fare prima possibile" esclama Anatoli, avanzando nella stanza e lasciandosi cadere sul divano. "Privièt, Zoya".
Mentre Sergej si prende la briga di chiudere la porta, Margarita afferra una sedia, la volta e ci si siede sopra a cavalcioni. "Come mai tu ha chiamato noi qui? Tu ha accennato a problema. Io spera non sia legato a morte di Bennet".
"Da, noi ha grosso problema, ma non è collegato a recupero di chip" dice Anatoli. "Quello è lavoro finito, io è sicuro. Miei uomini ha comprato silenzio di sceriffo di Newton e di suo sergente. Questo è problema più... personale" aggiunge poi, abbassando lo sguardo verso la maîtresse.
La ragazza si gira ed osserva i tre russi presenti con uno sguardo carico d'odio. La luce del lampadario appeso al soffitto illumina il suo volto tumefatto: la carne attorno all'occhio destro è gonfia e blu; il labbro inferiore, spaccato, è parzialmente coperto da una piccola crosta di sangue rappreso; la guancia è rossa e segnata da un livido più scuro.
"Cosa è successo te?" chiede Anatoli, raddrizzandosi di colpo. "Chi ha fatto te questo?"
Alexei appoggia una mano sulla spalla di Zoya, che sussulta per una fitta di dolore, poi alza gli occhi sui tre russi. "Clienti di motel ha fatto casino, ha mandato in ospedale uomo di Zoya e ha pestato a sangue Zoya. Poi loro è andati via senza pagare".
Almeno loro non ha preso lei a valigiate pensa mestamente Sergej, toccandosi la ferita ancora fresca poco sotto l'occhio sinistro.
"Noi uccide loro, da?" esclama il corriere, spostando lo sguardo dal capo alla maîtresse.
"Io ha parlato con Boris" ribatte Alexei, scuotendo la testa. "Dato che noi non sa chi ha pestato Zoya, noi non vuole ritorsioni. Vostro compito è trovare stronzi e far pagare loro pestaggio con qualcosa peggio di morte".
"Cosa tu intende?" chiede Margarita.
"Voi deve pensare a piano per incastrare figli di puttana. Polizia deve trovare loro in possesso di resti di ultimo grosso carico che voi ha recuperato per Boris".
"Tu intende lavoro con arabi di merda?" chiede Anatoli.
Un sorriso appare sul volto di Alexei. "Da. Voi deve incastrare colpevoli con carico nucleare. Boris vuole liberarsi di bomba sporca, ma senza vendere a terroristi".
"Se polizia scambia coglioni per terroristi, loro finisce a Guantanamo" conclude per lui il corriere. "Me piace idea, capo".

mercoledì 20 aprile 2016

0105 - chiamata d'urgenza

Il piccolo ristorante cinese è quasi vuoto nonostante siano solo le dieci e mezza di sera, solo un paio di asiatici stanno affrontando l'ennesima portata seduti ad un tavolino piazzato in un angolo. Sarà perché l'odore di alghe fritte e di salsa di soia appesta la piccola sala o per la mancanza di sorrisi sul volto dei camerieri. Questo però non impedisce ad Anatoli di andarci a mangiare ogni volta che può. Il pollo alle mandorle è il migliore di Boston e, se preceduto da involtini primavera e ravioli di gamberi, surclassa ristoranti ben più rinomati.
Mentre si sta portando alla bocca l'ennesimo pezzo di carne, il corriere sente il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei pantaloni. Chi cazzo spacca coglioni a quest'ora? Io non può nemmeno mangiare in pace!
Dopo una rapida occhiata al display, Anatoli appoggia le bacchette sul piccolo supporto in ceramica a forma di mucca e risponde. "Ciao, Alexei".
Il boss sorvola sui convenevoli. "Tu chiama Sergej e Margarita, poi voi viene in mio ufficio. Noi ha grosso problema da risolvere".
"Da. A tra poco".
Anatoli manda giù il boccone con un sorso di birra, poi si alza. Davanti a lui si materializza un cameriere, che raccoglie il piatto pieno ancora per metà e scompare subito dopo in cucina.
Io odia sprecare cibo pensa, gettando alcune banconote sul tavolo ed uscendo dal locale.

Margarita sbatte un paio di volte le palpebre, premendo prima una narice e poi l'altra per assimilare ogni singolo granello della riga di polvere bianca che si è appena tirata.
Ora io è pronta ad affrontare nottata di lavoro pensa la spacciatrice, estendendo le braccia e sgranchendosi la schiena. Nel silenzio della piccola stanza insonorizzata la vibrazione del cellulare risuona come una cannonata; Margarita allunga una mano e controlla il numero.
"Cosa cazzo vuoi, Anatoli?" esclama la donna, rispondendo alla chiamata. "Io sta per scendere in strada per gestire miei affari".
"Privièt, Margarita" ribatte il russo. "Tu ha appena alzato tuo culo da tuo letto?"
"Da".
"Alexei vuole che noi raggiunge lui in ufficio. Lui ha detto che noi ha grosso problema".
"Io deve lavorare per compensare perdita di panetto di droga! Lui può fottersi con grosso cazzo di gomma!"
"Soldi che Alexei ha dato te non basta a risarcire droga?" chiede divertito Anatoli. "Se lui ha problema, noi ha problema. Tu comprende, da? O tu preferisce vedere Mystic River da fondale?"
La spacciatrice agita furiosamente le braccia e le gambe, digrignando i denti in un impeto di stizza, poi riaccosta il cellulare all'orecchio. "Tu passa a prendere me tra dieci minuti, da?" sbuffa alla fine.
"Io è già sotto casa tua" ribatte il corriere. "Tu indossa tua felpa e raggiunge me. Due minuti, da?"
Margarita chiude la conversazione, poi lancia il cellulare sul divano.
"Stronzo figlio di puttana" mormora tra i denti, alzandosi ed iniziando a vestirsi.

Le note di un brano di musica classica si diffondono dall'altoparlante del cellulare. "Qui è Sergej".
"Privièt, Sergej" esclama Anatoli. La luce dell'androne dello squallido palazzo si accende, segno che Margarita sta arrivando. "Tu ha impegni per stasera?"
"Da, io sta esercitando con sonata per pianoforte numero tre di Prokofiev" risponde il pianista, continuando a suonare le note basse con la mano sinistra.
"Alexei ha convocato anche te in suo ufficio. Noi ha problema da risolvere".
"Tu non può chiamare altri?" chiede Sergej, staccando le dita dalla tastiera del corto pianoforte.
"Boss ha chiesto di te. Tu vuole contraddire Alexei?"
"Niet" risponde con un sospiro il pianista. Dopo una lunga e astiosa occhiata alla foto di suo zio, appesa al centro della parete del salotto, il russo si alza. "Va bene. Noi ci trova a Chaika Bar?"
"Niet, io passa a prendere te. Io non vuole fare altro giro su tua Prius di merda" ribatte Anatoli.
"Ok, io attende te davanti a mio portone".
Sergej appoggia il cellulare sul mobiletto dell'ingresso accanto alle chiavi, recupera le scarpe dal ripostiglio ed inizia ad allacciarsi le spighette.
Perché tu ha voluto infilare me in questo mondo di merda? pensa, rivolgendo un ultimo sguardo alla foto, poi si infila il soprabito ed esce di casa.

lunedì 18 aprile 2016

0104 - una sudata ricompensa

Alexei apre la porta e fa entrare nell'ufficio i suoi uomini. "Allora, voi ha miei chip?"
"Da" esclama Anatoli appoggiando la valigetta sulla scrivania e lasciandosi cadere su una sedia. Anche gli altri si accomodano, i loro visi segnati dalle attività della notte e dal lungo viaggio di ritorno.
Il boss controlla il corridoio, poi chiude la porta e si dirige verso il tavolo. Il suo sguardo corre sulle ammaccature e sul sangue che ricopre una cerniera e parte del fianco metallico della ventiquattr'ore. "Voi ha avuto problemi?"
"Bennet ha usato valigia come mazza per colpire Sergej" commenta sghignazzando Pavlov.
"Molto imbarazzante" mormora il pianista, guardandosi le punte dei piedi.
Alexei fa scattare le due serrature, alza il coperchio ed osserva le scatolette trasparenti adagiate sulla gommapiuma. "Ottimo lavoro" commenta alzando gli occhi. "Voi ora torna a casa e riposa. Io contatta voi quando ci saranno sviluppi".
"C'è altro piccolo problema" esclama Margarita, accendendosi una sigaretta. "Noi ha usato macchina di Famiglia per fermare fuga di Bennet. Noi ha poi denunciato furto e sbirri di Newton ha creduto noi".
"Miei uomini controlleranno situazione, voi non preoccupa" ribatte il boss.
Dopo aver rovistato in un cassetto, Alexei appoggia alcuni rotoli di banconote sulla scrivania. "Voi ha meritato vostra paga".
"Spassiba" esclama Pavlov, afferrando il denaro ed infilandoselo in tasca.
Anche gli altri si alzano e prendono la propria parte. Alexei intanto prende un cellulare e compone un numero, quindi fa loro cenno di andarsene. La riunione a  quanto pare è finita.

"Vodka?" propone Anatoli.
"Vodka" ribatte annuendo Margarita.
"Voi beve anche per me" esclama l'atleta. "Io ha impegno".
"Tu è sempre impegnato" mormora il corriere, squadrando il compagno. "Cosa impedisce te di festeggiare con compagni?"
"Affari" risponde sorridendo Pavlov, poi saluta con la mano ed imbocca le scale.

venerdì 15 aprile 2016

0103 - i dubbi di Hicks

"Spiacente, la vostra berlina ormai è da rottamare" risponde sospirando il sergente; quando l'uomo si appoggia allo schienale, le gambe della sedia scricchiolano rumorosamente, minacciando di farlo crollare a terra.
"Merda!" esclama Anatoli, stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. "Che cosa diremo a nostro datore di lavoro?"
"Sergente, gli chieda dov'erano questa notte" esclama l'altro poliziotto; il suo sguardo pieno di astio viene colto da tutti. "E gli chieda anche..."
"Tch, tch" lo zittisce Daub. "Questi signori hanno passato una brutta nottata. Comunque facciamo contento l'agente Hicks. Dove eravate ieri notte?"
"Noi non è pratici di zona" risponde Margarita, appoggiando una mano sulla schiena di Anatoli, che finge di essere devastato dalla notizia. "Noi ha cercato bar dopo che noi ha passato giornata in albergo per meeting telefonico con nostro datore di lavoro. Quando noi ha fermato nostra macchina per chiedere informazioni, quattro uomini ha preso Sergej e ha trascinato lui fuori da finestrino. Loro ha minacciato noi con armi, perciò noi ha lasciato macchina".
"Vi ricordate dove è successo?" chiede il sergente, cominciando a redigere il verbale.
"Niet, noi sa solo che ha camminato più di una ora per raggiungere hotel" risponde la spacciatrice. "Noi ha cercato aiuto, ma nessuno ha voluto aprire sua porta per farci fare telefonata".
"Vostri concittadini è parecchio diffidenti" mormora Pavlov, continuando ad osservare il poliziotto appoggiato alla porta. "Quando loro sente nostro accento, loro urla noi di andare via".
"La vostra macchina è registrata presso un'attività di Boston, dico bene?"
"Da" risponde con un sospiro Anatoli. "Noi lavora per Chaika Bar. Noi era qui per cercare cantina con liquore buono a basso prezzo".
Il sergente ridacchia. "Mi dispiace per voi, ma vi hanno fatto fare un giro a vuoto. Le aziende dei dintorni producono solo bottiglie scadenti".
"Quando noi può recuperare nostra macchina?" chiede il corriere.
"Purtroppo il veicolo è sottoposto a sequestro. I nostri uomini lo stanno esaminando per trovare tracce che ci portino ai criminali che vi hanno rubato la macchina ed hanno poi ingaggiato uno scontro a fuoco in mezzo ad una strada di periferia. E' una fortuna che nessuno passasse di lì in quel momento, il conto delle vittime poteva essere più alto".
"Noi può prendere nostri cellulari da cruscotto di macchina?" chiede Sergej, ricordandosi della scusa usata la sera prima.
"Non sono stati trovati cellulari nella macchina" esclama l'agente Hicks, attirando l'attenzione di tutti. Dopo aver sostenuto lo sguardo dei russi, si rivolge direttamente a proprio superiore. "Sergente, questi uomini sono sicuramente coinvolti nella sparatoria. La storia del furto è solo una stronzata".
Il sergente si batte una mano sulla coscia, poi sorride al collega. "Non essere stupido, Hicks. Chi sarebbe così idiota da utilizzare la propria macchina in uno scontro a fuoco? Chiunque ne avrebbe rubata una. Ed è quello che è chiaramente successo a questi ragazzi".
Noi è idioti a sufficienza pensa Pavlov, trattenendo un sorriso. "Forse voi trova nostri telefoni in mano a ricettatori o dentro cestino di rifiuti. Noi ora può firmare denuncia ed avere copia di documento? Serve a nostro capo per assicurazione".
"Certo, certo" esclama il sergente, finendo di redigere il verbale e voltando la cartella verso Anatoli. Il corriere prende una penna e firma con uno svolazzo incomprensibile sulla linea vuota.
"Bene, questa è la copia per voi" aggiunge il poliziotto, strappando il secondo documento ed appoggiandolo sul tavolo. "Hicks, qui abbiamo finito".
L'agente lancia un'occhiata torva ai russi, poi segue il sergente fuori dalla stanza.
"Meglio che noi recupera macchina di Sergej e torna in fretta a Boston" propone Pavlov. "Se agente Hicks indaga su nostri spostamenti, noi finisce dentro".
"Da. Io salda conto, voi prende bagagli" esclama Anatoli, osservando il sergente prendere una ciambella da una scatola che il consierge gli sta porgendo.
"Fortuna che noi ha trovato sergente con cervello piccolo e stomaco grande" mormora Sergej a Margarita, poi prende le chiavi e si dirige in camera per recuperare i bagagli.

mercoledì 13 aprile 2016

0102 - i due volti della legge

Sergej si sveglia di soprassalto quando il telefono della camera inizia a squillare.
Dove è io? Che cazzo di ora è? pensa il russo, osservandosi attorno. Sembra che nella camera d'albergo sia esplosa una granata: vestiti, armi, giubbotti antiproiettile, asciugamani sporchi di sangue e flaconi di disinfettante sono sparsi sul pavimento, appoggiati sopra la televisione o appesi alle testiere dei letti. Pavlov e Anatoli stanno continuando a russare, mentre Margarita si agita nel letto, tirando su ogni tanto con il naso.
All'ennesimo squillo il pianista individua la fonte del rumore che lo ha svegliato ed alza la cornetta.
"Da?" risponde con voce assonnata.
"Buongiorno, qui è Francis, il consierge" esclama una voce maschile. "La polizia è qui per la denuncia. Li faccio salire?"
Le palpebre di Sergej si spalancano, il sonno è ormai un ricordo; i suoi occhi si posano sul kalashnikov appoggiato all'armadio, poi si spostano sulle bustine di cocaina sopra al comodino, accanto al telefono. "Niet. Noi scende subito".
"Come desidera, signore" ribatte neutra la voce all'altro capo della linea.
Sergej comincia a scuotere vigorosamente i compagni, che si coprono la testa con il cuscino e dimenando gambe e braccia cercano di riprendere sonno. Anatoli tenta di afferrargli d'istinto il collo, ma manca la presa e ruzzola giù dal letto.
"Polizia è giù per denuncia!" esclama ad alta voce il pianista. "Voi non vuole che loro sale, da?"
Tutti e tre, di colpo svegli, si alzano di scatto ed iniziano a vestirsi; Sergej intanto infila quante più cose può nel borsone di Pavlov. Dopo essersi assicurato che la valigetta sia ancora sotto al suo letto, si infila nel bagno per darsi una sciacquata al viso e si avvia verso la porta. "Voi è pronti?"
"Da" risponde Anatoli aggiustandosi il nodo alla cravatta; anche gli altri rispondono con un cenno del capo.
Il pianista, dopo un'ultima occhiata alla camera, apre la porta e si dirige verso la hall.

Quando la porta dell'ascensore si apre, il grasso uomo strizzato nell'uniforme da poliziotto smette di parlare con il consierge, fa un cenno al collega e, dopo essersi sistemato il cinturone attorno all'enorme ventre, si dirige a passi lenti verso i russi. Il secondo agente, un nero dai tratti spiccatamente africani e dal fisico asciutto, si scosta dalla colonna e si posiziona vicino al bancone; il suo sguardo, duro come il granito, di un uomo che ha già tratto le sue conclusioni, scruta i loro volti passando lentamente dall'uno all'altro.
Piedipiatti sospetta di noi pensa Pavlov, portando d'istinto la mano alla pistola e fingendo poi di grattandosi la schiena quando non trova l'arma, rimasta nel borsone tre piani più su.
"Buongiorno, sono il sergente Daub" esclama l'agente più vicino con voce da baritono. "Siete voi quelli a cui hanno rubato la macchina ieri sera, giusto?"
Una coppia di anziani rivolge uno sguardo curioso a Margarita poi, notando la mano del secondo poliziotto appoggiata al calcio della pistola, affretta il passo.
"Posso consigliarvi un luogo più appartato per discutere?" propone il consierge, abbandonando il bancone ed aprendo la porta di una stanza di servizio.
"Certo, certo, stavo giusto per chiedere dove potevamo sederci" esclama il poliziotto, sorridendogli ed invitando poi i russi ad accomodarsi con un gesto della mano.
Pavlov osserva per un momento la stazza del sergente, poi si avvia tranquillo verso la saletta; dopo aver osservato i vari divanetti appoggiati contro la parete, ne sceglie uno vicino alla porta e si siede. I compagni lo imitano, prendendo posto attorno al piccolo tavolo.
Il sergente fa cenno al collega di precederlo, poi sorride al consierge. "Non è che, per caso, avrebbe ancora qualche ciambella tra i dolci del buffet? Sa, non ho fatto colazione".
"Forse lui intende seconda colazione" sussurra Sergej all'orecchio di Margarita.
"Io dice terza" ribatte la donna, cominciando a giocare con una sigaretta e resistendo al desiderio di accenderla.
Quando il sergente oltrepassa la soglia, il collega chiude la porta e vi si appoggia. Il suo sguardo nervoso allarma i presenti attorno al tavolo, che iniziano a rimpiangere di non aver portato con loro le pistole.
Dopo aver preso posto su una sedia, il sergente appoggia una cartellina sul tavolo, tira fuori una penna, lecca la punta e si appresta a scrivere. "Allora, voi volevate denunciare il furto del vostro veicolo, giusto?"
"Da" esclama Anatoli, sfoggiando il suo miglior sorriso di circostanza. "Ieri notte quattro delinquenti ha fermato noi, ha tirato giù da macchina nostro amico, ha minacciato noi con armi ed ha rubato nostra berlina".
"Deve essere atterrato proprio male, il vostro amico" esclama il sergente, dopo un'occhiata al volto tumefatto di Sergej. "Sente molto dolore?"
"Io è più ferito in orgoglio" balbetta il pianista, abbassando lo sguardo.
"Voi sapete che il vostro veicolo è stato coinvolto in una violenta sparatoria?" chiede il sergente senza smettere di sorridere. "Ci sono stati dei morti".
I russi si scambiano alcune occhiate, poi rivolgono i loro sguardi perplessi verso il poliziotto, fingendo di non capire.
"Nostra auto sta bene?" chiede Anatoli, la voce rotta da un nodo alla gola.

lunedì 11 aprile 2016

0101 - nessun agente disponibile

Dopo una mezz'oretta il gruppo raggiunge il motel. Il concierge li osserva perplesso, soffermandosi sulle macchie di sangue che imbrattano i vestiti, sulle foglie tra i capelli e sul vistoso ematoma che decora la faccia del pianista.
"Che diavolo vi è successo?" chiede spaventato.
"Delinquenti ha rapinato noi e rubato nostra macchina" spiega Margarita, appoggiandosi con noncuranza al bancone. "Loro ha preso anche nostri cellulari. Noi può fare telefonata, da?"
"Prego, prego" replica il tarchiato ometto, appoggiando un telefono davanti al corriere.
Margarita fa cenno ad Anatoli di farsi avanti; l'uomo afferra la cornetta, digita il numero ed attende che la centralinista risponda.
"Qui nove-uno-uno, buonasera. Qual è la natura dell'emergenza?"
"Buonasera, io e miei amici è stati rapinati di nostro veicolo" scandisce l'uomo, osservando per l'ennesima volta le condizioni dei compagni.
"State bene? Dove vi trovate? Avete bisogno di assistenza sanitaria?"
"Niet, noi ha solo qualche livido" ribatte Anatoli, sorridendo alla visione della macchia violacea sul volto di Sergej. "Noi è arrivati a piedi presso Indigo Hotel. Noi ora vuole sporgere denuncia. Lei può inviare agenti per deposizione?"
"Mi dispiace, in questo momento tutti i nostri uomini sono impegnati".
Uomini è impegnati a fare conta di mercenari morti pensa tra sé il corriere, sorridendo. "Noi non ha mezzo per raggiungere centrale. Come può fare noi per denuncia?"
"Se siete troppo scossi per prendere un taxi, posso registrare la chiamata e mandarvi degli agenti non appena avrò una volante libera".
"Da, questo è molto gentile da parte vostra".
Dopo aver fornito la targa della berlina e le sue generalità, Anatoli saluta e restituisce la cornetta al consierge. L'uomo appoggia il ricevitore e sposta il telefono dietro al bancone.
"Posso fare qualcos'altro per voi?"
"Niet, noi ora va in camera per riposare. Polizia arriverà quando agenti è liberi da altre chiamate" esclama poi, lanciando un'occhiata al basso ometto.
"Vi chiamerò non appena si presenteranno".
"Spassiba" mormora Margarita, dirigendosi con passo stanco verso l'ascensore.

venerdì 8 aprile 2016

0100 - fuga nella boscaglia

Mentre Sergej continua a fissare il cadavere di Bennet, Margarita si volta e con pochi rapidi passi raggiunge i cespugli che costeggiano la strada; il sottobosco è abbastanza fitto e, complice la notte buia, in pochi secondi scompare alla vista.
Pavlov inizia a zoppicare dietro alla donna, cercando di muoversi il più velocemente possibile. A causa degli sforzi della nottata, la gamba malandata sembra rigida come un pezzo di legno.
La notte viene illuminata dalle luci rosse e blu delle macchine della polizia, che si riflettono sui muri delle case e sui lampioni. Anatoli rivolge la sua attenzione al pianista, ancora imbambolato a guardare il corpo disteso ai suoi piedi; aggirato l'ultimo SUV, lo prende per un braccio e lo scuote.
"Tu ora muove tuo culo se tu non vuole finire in gabbia" dice a bassa voce il corriere, iniziando a trascinare il compagno verso la salvezza offerta dalla boscaglia.
Il pianista si riscuote, fa un cenno affermativo con la testa e comincia a farsi largo tra i rami, con Anatoli che lo segue a meno di un metro di distanza.
Il suono delle sirene è ormai assordante. Il gruppo si acquatta tra le ombre ed osserva tre volanti che convergono sul luogo dello scontro a fuoco, inchiodando a poca distanza dai SUV; le portiere si aprono di scatto e sei poliziotti escono puntando le pistole verso le macchine ferme in mezzo all'incrocio.
Anatoli tocca il braccio di Margarita per richiamare la sua attenzione. "Noi ora prosegue in mezzo a cespugli, poi fa giro largo e recupera carretta di Sergej".
La spacciatrice annuisce, poi si volta verso Pavlov per metterlo al corrente del piano. Cercando di muovere meno rami possibile, il gruppo si allontana dal luogo dello scontro, prosegue per un centinaio di metri quindi osserva la situazione nella strada parallela. Le luci dei lampeggianti sono lontane, le finestre delle case sono tutte sbarrate. In giro non c'è anima viva.
Anatoli muove un passo per uscire dalla protezione della boscaglia, ma Sergej gli afferra la manica. "Come fa noi con macchina di famiglia?"
Il corriere sbatte un paio di volte le palpebre, poi realizza. La berlina è rimasta incastrata tra i SUV, sfigurata dalle numerose rafficate.
"Noi ora raggiunge motel a piedi, poi noi fa denuncia. Qualcuno ha rubato nostra macchina, da?"
"E se loro chiede perché noi non ha chiamato prima?" chiede dubbioso Sergej.
"Noi aveva lasciato cellulari dentro cassetto di cruscotto" replica Margarita, seria. "Noi non conosce bene cittadina e non sa dove trovare cabina telefonica".
Pavlov osserva annoiato la discussione, poi si guarda attorno. "E meglio che ora noi cambia aria" sussurra, poi attraversa la strada.
I compagni lo seguono nel giardino di una delle villette abbandonate e spariscono tra la vegetazione che delimita il lato posteriore.

mercoledì 6 aprile 2016

0099 - messa da requiem: dies irae

Sergej si acquatta dietro ad un cespuglio ed osserva Bennet cadere a terra, rialzarsi, afferrare la piccola valigetta e dirigersi barcollando dietro l'ultimo SUV. Un paio di uomini gli stanno fornendo copertura con le mitragliette; usando le portiere aperte come protezione, avanzano lungo la strada inondando di piombo le macchine in modo da impegnare i russi.
Rinfoderata la pistola, il pianista si infila tra le colonnine rotte del porticato e comincia a muoversi lungo lo stretto corridoio dal pavimento di legno; qualche asse scricchiola un po', ma il fragore degli spari copre del tutto il flebile rumore. Una volta raggiunto il vialetto che porta al garage, il pianista scavalca il poggiolo ed atterra tra le piante.
Bennet, rannicchiato dietro al SUV, sta osservando la sparatoria; il suo corpo vibra e le sue mani stringono convulsamente la maniglia della valigia mentre osserva le schiene dei suoi uomini, impegnati a fermare la furia dei russi.
"Ammazzate quei figli di puttana!" strilla l'uomo con quanto fiato ha in gola.
Quando il mercenario a pochi passi da lui viene colpito alla spalla, Bennet sussulta e si trascina verso l'altro lato del veicolo; il suo petto si alza e si abbassa velocemente, una delle mani trema incontrollata. Dopo aver chiuso gli occhi per qualche secondo, Bennet si sporge per vedere com'è la situazione da quella parte, dando la schiena al pianista.
Ora è momento buono! pensa Sergej, alzandosi in piedi e scattando verso la figura accovacciata. In pochi secondi raggiunge l'uomo alle spalle, carica un calcio e lo centra di punta sulla tempia. La testa di Bennet colpisce il paraurti del SUV, poi l'uomo ruzzola a terra; la valigia gli scivola di mano e finisce a pochi passi dai suoi piedi.
Sergej osserva a bocca aperta l'uomo che scuote la testa per riprendersi. Cazzo! Mio piano ha funzionato!
La vista di Bennet torna a fuoco, realizzando quello che è successo; fissa per un momento il volto del pianista, poi il suo sguardo si abbassa sul prezioso oggetto, immobile sull'asfalto a pochi passi dalle sue dita.
Per un secondo non esiste nulla all'infuori di Bennet, di Sergej e della valigia; poi l'esplosione di un colpo di pistola riscuote entrambi dal torpore. Tutti e due si gettano d'istinto sulla piccola ventiquattr'ore. Il pianista afferra il bordo di metallo, Bennet invece raggiunge la maniglia e tira. La liscia superficie scivola dalla presa di Sergej, che osserva sbigottito le sue mani vuote.
Quando alza gli occhi, il suo cervello registra prima l'espressione decisa di Bennet, poi il suo corpo ruotato di tre quarti, infine il suo braccio teso in rapido avvicinamento. La valigetta lo colpisce al mento, spedendolo lungo disteso.
Un dolore lancinante si propaga dal punto dell'impatto a tutto il volto, strappandogli un grido di dolore. Bennet si rialza e comincia a colpirlo con l'arma improvvisata, spinto più dalla disperazione che dalla furia omicidia.
"Muori! Muori, stronzo!" strilla come una femminuccia.
"Non su mie dita!" esclama con voce strozzata Sergej, chiudendo le mani a pugno e cercando di coprirsi il volto con le braccia.
Dopo cinque o sei colpi, Bennet si ferma per prendere fiato ed il pianista ne approfitta per fargli lo sgambetto; l'uomo cade a terra con un grido di stupore, quindi comincia a trascinarsi con le mani, tentando di sfuggire al suo aggressore.
Sergej si rialza, distende un paio di volte le dita per controllare eventuali danni, quindi estrae la pistola.
"Io non vuole uccidere te. Tu molla valigia e io lascia te andare".
Gli occhi di Bennet si spalancano, il terrore serpeggia sul suo volto. "Io... io non voglio morire".
"Tu molla valigetta, tu vive" scandisce Sergej.
"Non possiamo trovare un accord..." balbetta Bennet, prima che un grosso foro compaia sulla sua guancia sinistra. Il suo corpo viene scosso da un tremito, quindi si accascia al suolo.
Sergej alza lentamente gli occhi e vede Margarita, ferma accanto al SUV, con in mano la pistola ancora fumante.
"Tu prende valigetta, poi noi fugge a piedi" sibila la donna, toccandosi una spalla con una smorfia di dolore. La sua mano si macchia di rosso quando incontra la piccola striscia di sangue che le cola lungo il braccio. Sergej afferra la valigetta, poi si sporge da dietro la protezione del SUV; i mercenari sono tutti morti ed i suoi compagni si stanno caricando in spalla le borse e le armi.
Con un gesto noncurante, Anatoli chiude la portiera della macchina e si volta verso il pianista. "Tu muovi tuo culo!" esclama, girandosi poi verso il suono delle sirene, ormai molto vicine.

lunedì 4 aprile 2016

0098 - mezzanotte di fuoco

Quando i proiettili smettono di fischiare sopra la sua testa, Pavlov si rialza, afferra con una mano il tettuccio del veicolo ed esce dal finestrino. Ignora per un momento l'uomo che, in piedi accanto al SUV che li ha centrati, sta ricaricando la mitraglietta e si concentra sull'ultimo mezzo, l'unico in grado di muoversi ancora. Un paio di colpi squarciano la gomma di destra, facendo inclinare il SUV su un lato. Un sorriso compare sul volto dell'atleta, poi il russo torna serio quando vede l'esile figura di Bennet uscire dal fuoristrada e dirigersi verso la villa.
"Pezzo di merda sta scappando!" urla Pavlov, attirando l'attenzione di Anatoli.
Il corriere si tira in piedi e nota l'uomo che sta correndo, quindi si appoggia sul cofano del fuoristrada ed apre il fuoco. Il colpo raggiunge Bennet e lo prende di striscio ad una spalla, facendolo inciampare e rotolare per terra.
Due uomini escono dal terzo veicolo e si dirigono verso di lui puntando le armi in direzione dei russi, nel tentativo di coprirlo e portarlo in salvo. Anatoli e Pavlov si gettano dietro al SUV mentre le raffiche cominciano a rimbalzare sulla berlina.

Margarita intanto apre la portiera, rotola giù dalla macchina e barcollando si nasconde dietro al bagagliaio.
Dio, quanto vorrei riga di coca in questo momento pensa la donna, rannicchiandosi su se stessa mentre la fiancata viene crivellata di colpi.
Sentendo altri spari provenire dalla sua destra, la spacciatrice si volta e vede Bennet che si rialza, afferra la piccola valigetta che gli è sfuggita di mano e comincia a correre verso i due mercenari in piedi ad una ventina di metri da lei, raggiungendo il SUV e nascondendocisi dietro.
Dopo aver estratto la pistola, nota Sergej tra le piante che sta tentando di aggirare la sparatoria per prendere Bennet da dietro.
Se lui pensa a stronzo, io può dedicarmi a fottuto che mi vuole trasformare in scolapasta riflette la spacciatrice, sporgendosi ed aprendo il fuoco contro il mercenario che le ha sparato, parzialmente nascosto dietro al cofano del primo veicolo incidentato. La testa dell'uomo scatta verso il cielo quando il proiettile gli colpisce lo zigomo, poi il suo corpo si accascia al suolo, sparendo alla vista.

venerdì 1 aprile 2016

0097 - dare il via alle danze

L'auto sfreccia rombando tra le case e gli alti alberi, lanciata a tutta velocità contro il primo SUV che inizia ad accelerare per attraversare l'incrocio.
"Voi sta pronti a fare fuoco!" urla Anatoli, puntando la fiancata del grosso fuoristrada.
La berlina centra la ruota posteriore del veicolo, sbalzandolo di lato e facendolo ruotare su se stesso. Il violento urto fa scattare gli airbag e spinge in avanti i tre russi; le cinture di sicurezza si tendono, togliendo loro il fiato.
Pavlov sbatte un paio di volte le palpebre per rimettere a fuoco il mondo, quindi si volta a guardare fuori dal finestrino. "Merda!" esclama mentre il secondo SUV colpisce la berlina sul fianco, facendo esplodere il finestrino posteriore ed il lunotto; i due russi seduti dietro alzano le braccia per ripararsi dalla pioggia di vetro che cade loro addosso.
Mentre Pavlov e Margarita iniziano a trafficare con le cinture per liberarsi, Antoli scuote la testa ed inizia con una mano a premere l'airbag per sgonfiarlo, mentre con l'altra cerca il fucile che aveva appoggiato sul sedile. Il rumore di sportelli che si aprono lo fa voltare; due figure armate scendono dal SUV ed alzano delle mitragliette, inondando di piombo la berlina.
"Giù!" urla il corriere, buttandosi sul fianco.
I russi si distendono sui sedili mentre i proiettili fischiano sopra le loro teste e crivellano la fiancata del veicolo.
Dio benedica auto blindate pensa Anatoli, allungando una mano verso la maniglia ed aprendo con un calcio la portiera. L'altra mano fruga sotto la giacca ed estrae la pistola dalla fondina; la canna della tokarev spunta tra le gambe del corriere, poi un lampo illumina l'abitacolo.
La guancia sinistra del mercenario esplode, inondando di sangue la fiancata del SUV; le ginocchia cedono di colpo ed il corpo cade scomposto sull'asfalto.

"Sapevo che era pazzia" mormora Sergej, vedendo gli uomini sparare contro la macchina. Un'altra portiera che si apre attira la sua attenzione: Bennet esce barcollando dal veicolo e, dopo alcuni passi incerti, inizia a correre verso la villa.
Il pianista devia a sinistra e con un balzo si appende all'alta staccionata; i piedi scivolano sulla superficie di legno ed i muscoli si tendono nel tentativo di scavalcare la recinzione, poi Sergej si appoggia con il ventre al bordo e si lascia cadere dall'altra parte.
Ora vediamo di recuperare chip pensa il russo, guardandosi attorno in cerca di Bennet.