lunedì 30 novembre 2015

0024 - il bisturi di Boston

La macchina si ferma davanti ad una villetta in uno dei sobborghi di Boston, Margarita viene fatta scendere e, mentre Victor, poi viene accompagnata da Anatoli fino all'ingresso del seminterrato.
All'interno c'è un corridoio con delle logore poltroncine, su cui è seduto un giovane con in braccio un giubbotto macchiato di sangue ed una grossa fasciatura sul collo. Accanto si apre una piccola sala d'aspetto, dove una donna incinta sta attendendo il proprio turno tenendo in mano un giornale vecchio di almeno quindici anni, mentre un paio di uomini dagli occhi iniettati di sangue sono seduti su alcune sedie di plastica, lo sguardo perso nel vuoto.
Mentre Alexei bussa alla porta del medico, Pavlov si avvicina ad uno dei due. "Michael, cosa ci fare tu qua? Tu venire in mia palestra domani, da?"
L'uomo alza gli occhi e fissa per un momento l'atleta. "E tu chi sei?"
"Michael, quanto ti sei fatto? Ti avevo detto di prenderne poca ogni giorno, no tutta insieme! Tu hai vene che stanno per scoppiare".
L'uomo avvicina indice e pollice e chiude un occhio. "Ne ho presa solo tanta così".
Pavlov alza lo sguardo al soffitto, poi ritorna dai compagni. Margarita è distesa su un vecchio tavolo da obitorio, il giubbotto antiproiettile giace in un angolo e la camicetta è stata tagliata. Un uomo dalla faccia butterata e la barba di tre giorni sta esaminando la ferita. Dopo essersi sistemato gli occhiali sul naso, si rivolge ad Alexei. "Voi non rispettare fila, voi essere sempre soliti stronzi. Io devo estrarre proiettile, voi aspettare fuori".
"Io ho già anestesia, ma se tu fornisci morfina... io non dico di no" mormora la spacciatrice.
I tre russi escono dalla sala operatoria, si siedono in corridoio ed attendono in silenzio. Dopo una mezz'oretta la porta si apre e Marius esce, non prima di aver detto a Margarita che le medicazioni vanno cambiate ogni dodici ore.
Alexei si avvicina e segue il medico in una stanzina privata. Anatoli e Pavlov aiutano la spacciatrice a vestirsi ed a rialzarsi.
"Potrei chiedere a Marius di curare lei per isteria" sogghigna l'atleta, raccogliendo il giubbotto antiproiettile.
Lo sguardo di Margarita lo trapassa. "Tu essere solo nevrotico, bastardo, figlio di puttana che non scopa a sufficienza".
"Questo è vero" ribatte Pavlov, accennando un sorriso. "Tua era proposta per migliorare mia condizione?"
"Tu tratta me come signora ed io poterci pensare" ribatte la donna, lanciandogli uno sguardo di sfida.
Il gruppo si risiede ed attende il ritorno del capo. Dopo cinque minuti il medico apre la porta, saluta i russi e fa entrare il paziente successivo nella sala operatoria.
"Possiamo andare?" chiede Anatoli.
"Da, torniamo a Chaika Bar" risponde Alexei, uscendo dallo studio illegale e raggiungendo la macchina.

venerdì 27 novembre 2015

0023 - il cielo si oscura

"Di qua!" grida Pavlov, aprendo la porta che dà sulle strette scale che conducono al tetto e facendo passare i compagni.
"Lui ha appena minato palazzo, me no piacere tua scelta" commenta Margarita, passandogli accanto. "Tu spera noi andarcene in tempo".
Alexei scarica l'ultimo caricatore rimastogli, poi raggiunge l'atleta e gli passa il fucile scarico. Pavlov chiude la porta ed incastra il kalashnikov tra il maniglione ed il corrimano, bloccando l'accesso, quindi comincia a salire le scale zoppicando. Le urla degli arabi giungono soffocate dal corridoio.
Margarita segue a fatica Anatoli tenendosi il fianco, poi imbocca la scala antincendio e comincia a scendere i gradini seguita dagli altri.
Quando Alexei raggiunge il piano terra, passa il braccio della spacciatrice attorno al collo e comincia a correre dietro ad Anatoli, che punta lo skorpion verso il tetto in attesa della comparsa dei terroristi. Pavlov li segue a breve distanza zoppicando, ma non si azzarda a chiedere aiuto. Il gruppo raggiunge il parcheggio anteriore e prosegue verso la macchina.
Una raffica di proiettili passa a mezzo metro dalle loro teste e si pianta nell'asfalto, alzando nuvolette di polvere e foglie. Alexei alza lo sguardo e nota due uomini in piedi sul tetto che stanno puntando i loro fucili.
"Copritevi con alberi!" urla il capo, trascinando Margarita al riparo.
Anatoli si ferma dietro ad una quercia, pesca il cellulare dalla tasca e compone un numero. "Metti in moto, Viktor! Dobbiamo scappare!"
"Da, arrivo!" ribatte l'uomo, avviando il motore.
Il corriere chiude la chiamata e mette via il telefono, poi recupera un piccolo telecomando e lancia una veloce occhiata al tetto. Le figure dei due terroristi non si vedono più, probabilmente dirette alle scale.
Anatoli preme il pulsante. Un forte boato sovrasta i rumori della notte, facendo fischiare le orecchie ai russi. Una colonna di fumo nero e detriti si alza dal centro della costruzione, coprendo la luna ed oscurando le stelle.
La squadra comincia a correre in mezzo ai pezzi di cemento che piovono dal cielo, raggiunge la macchina e si infila dentro.
"Salve, capo" esclama Viktor, ingranando la prima e partendo a razzo. "Torniamo a Chaika bar?"
Alexei chiede un cellulare, poi aspettando che qualcuno all'altro capo risponda, lancia un'occhiata alla spacciatrice, quindi batte sulla spalla dell'autista ed esclama: "Vai da Marius, Margarita ha bisogno di rattoppo".
"Grazie, capo" mormora la donna, ansimando e tenendosi il fianco.
Quando si sentono le sirene in lontananza, la macchina rallenta e prosegue a velocità moderata lungo le vie di Billerica. Due pattuglie sfrecciano in direzione del magazzino, ignorando la berlina appena incrociata.

giovedì 26 novembre 2015

0022 - via di fuga

Anatoli osserva ad occhi spalancati la spacciatrice accasciarsi. Con una capriola entra nella stanza e si volta verso il tavolo che ripara parzialmente.
"Crepa, bastardo!" urla premendo il grilletto. I proiettili trapassano il legno e crivellano il fianco del terrorista, che crolla a terra in una pozza di sangue.
"Così noi suoniamo rock 'n' roll" esclama Anatoli, piantandogli un ultimo colpo in testa.
Margarita fruga nella tasca in cerca di una dose, poi si infila due dita sporche di cocaina nel naso e sniffa. "Ora va molto meglio..."
Anatoli si avvicina ad Alexei e comincia a slegarlo.
"Ce ne avete messo di tempo! Avete trovato traffico?" esclama il capo con voce nasale, massaggiandosi i polsi indolenziti.
"Dovevamo prima disinnescare bomba".
"Uomini su tetto stanno arrivando" mormora Pavlov facendo cenno di sbrigarsi, poi si allontana lungo il corridoio.
I due russi rimasti afferrano Margarita e la sollevano, strappandole un grido di dolore.
"Riesci a camminare?" chiede Alexei.
"Nessun problema, capo" mormora la spacciatrice, liberandosi dei compagni e mantenendosi in equilibrio precario.
"Ottimo, andiamo" ribatte Alexei, afferrando un kalashnikov dalle mani di uno dei terroristi e controllando il caricatore.
Anatoli si china e si infila in tasca un paio di caricatori caduti per terra.

Pavlov svolta l'angolo e nota due terroristi uscire di corsa da una porta, armi alla mano. Dopo essersi riparato dietro il muro, l'atleta sventaglia nel corridoio. Urla di dolore precedono i tonfi dei corpi che cadono a terra.
"Via libera" esclama rivolto ai compagni che l'hanno raggiunto, poi si dirige verso le scale, da cui provengono rumori di passi.
"Come mai uomini a piano terra?" chiede Alexei.
"Quattro uomini erano di guardia fuori, devono aver sentito spari" commenta Margarita tirando su con il naso.
Pavlov sporge la testa per guardare giù e la ritira subito dopo, evitando di un soffio una raffica.
"Troviamo altra uscita" ribatte il capo, affiancando l'atleta e rispondendo al fuoco.
"Raggiungiamo tetto" propone Pavlov, scaricando una salva nella tromba delle scale, "io ho visto scala che scende".
"Voi tratteneteli, intanto io lascio sorpresina" esclama Anatoli, recuperando dalla borsa dell'atleta un paio di panetti di C4.

mercoledì 25 novembre 2015

0021 - seguire le voci

"E ora?" sussurra Margarita, osservando il corridoio che prosegue a destra ed a sinistra.
"" ribatte Anatoli, indicando una svolta del corridoio da cui sembra provenire un fascio di luce.
"Un momento" mormora Pavlov, afferrando il compagno per un braccio ed indicando di fronte a sé.
Tutti sentono distintamente il rumore gorgogliante di uno sciacquone incastrato ed alcune esclamazioni in arabo. L'atleta apre una tasca del borsone, estrae un'accetta militare e si appoggia al muro di fianco alla porta, pronto a colpire. Un terrorista esce dal bagno tirandosi su la cerniera e rimane a bocca aperta quando vede i due russi con le armi spianate di fronte a lui. Prima che l'uomo possa urlare per avvisare i compagni, Pavlov gli sferra un violento colpo alla gola. Un fiotto di sangue inonda il corridoio mentre la lama dell'accetta inchioda il terrorista sullo stipite della porta. Quando l'arma viene rimossa, il corpo senza vita scivola a terra.
Mentre Margarita controlla il corridoio, i due russi trascinano il cadavere nel bagno e lo depositano in un angolo poi tornano dalla compagna.
"Ho sentito voci in fondo a corridoio" sussurra la spacciatrice.
"Donna ascolta solo quando fa comodo" commenta ridacchiando Pavlov.
Margarita risponde alzando il dito medio.
I tre si avvicinano alla svolta e sbirciano oltre l'angolo. L'ultima porta è spalancata e la luce di alcune torce illumina l'interno della stanza. Anatoli muove un passo, ma si blocca quando una voce maschile, dal forte accento straniero, esclama in un inglese stentato: "Se tuoi amici volere te vivo, loro consegna noi carico".
"Niet! Voi non riceverete niente, brutti sacchi di merda" risponde Alexei con voce impastata.
Quando si sente un colpo sordo, seguito da un mugolio di dolore, lo sguardo di Anatoli si fa duro. "Andiamo a fare culo a questi stronzi".
La squadra si muove silenziosamente scivolando lungo le pareti, ma si blocca ad un paio di metri dalla porta quando una voce gracchiante, proveniente da una radio, squarcia il silenzio rotto solo dai grugniti di Alexei. Anche se nessuno riesce a capire il senso delle parole, il tono concitato non fa presagire nulla di buono. Dopo un paio di scambi di battute, l'uomo che ha parlato inglese grida qualcosa e due arabi corrono fuori, bloccandosi alla vista dei russi nel corridoio.
L'AK 47 di Anatoli si alza ed inonda di piombo i due terroristi, che crollano a terra ricoprendo il pavimento di sangue ed interiora.
Margarita salta i due uomini, si appoggia al muro ed osserva oltre lo stipite. Un arabo sta tenendo sotto tiro Alexei, legato ad una sedia in fondo alla stanza e conciato parecchio male, mentre un altro sta correndo verso di lei. Dopo essersi sporta quel tanto che basta per prendere la mira, la spacciatrice fa fuoco.
La testa del terrorista si piega all'indietro quando il proiettile gli penetra nell'occhio, spappolandogli il cervello, poi il corpo dell'uomo si affloscia. Il suo indice si contrae involontariamente sul grilletto e fa partire una raffica, che sfiora il braccio di Margarita e traccia una lunga riga scura sul muro.
Pavlov si catapulta nella stanza insieme a Margarita. Le pistole fanno fuoco, metre l'arabo cerca riparo rovesciando un tavolo. Un rivolo di sangue corre lungo il collo dell'uomo, ferito di striscio alla testa.
"Voglio vostro sangue!" urla il terrorista, alzando il kalashnikov e premendo il grilletto. La raffica manca di poco Pavlov e colpisce la spacciatrice all'addome.
Un intenso calore si sprigiona dal punto dell'impatto e risale lungo il corpo. Margarita appoggia una mano sulla ferita ed osservando il sangue che esce copioso, poi crolla a terra.

martedì 24 novembre 2015

0020 - il fumo fa male

Pavlov tocca la spalla del compagno e gli fa cenno di non sparare, poi avanza chinato e si ferma alle spalle del terrorista. Quando l'uomo guarda in alto per esalare il fumo, il russo gli avvolge intorno al collo una garrota improvvisata e stringe con tutta la forza che possiede. Il grido gli si strozza in gola mentre tenta inutilmente di infilare le dita sotto la fascetta di plastica nel tentativo di liberarsi.
Quando dopo pochi secondi il corpo senza vita del terrorista crolla a terra, Pavlov lo afferra malamente per la giacca e lo trascina verso il muro.
"Dove hai imparato tecnica tanto efficace?" chiede Anatoli, osservando il profondo solco scavato nel collo.
"In Russia dopo incidente facevo interrogatori per GRU" risponde l'atleta. "Ho avuto ottimi maestri".

Trovato! pensa Margarita, tastando il fondo dell'utilitaria e tranciando con un coltello una grossa fascia di cavi e tubi. Un liquido nerastro inizia a colare da un connettore a pochi centimetri dalla sua testa, schizzandole la guancia e formando una piccola pozzanghera sotto il veicolo.
La donna si sporge da sotto il pianale ed osserva il tetto, assicurandosi che le sentinelle non stiano guardando nella sua direzione, poi rotola su sé stessa, si rialza e raggiunge i compagni.
"Chi è questo?" chiede ai due uomini, indicando il cadavere appoggiato al muro.
"E' terrorista uscito per sigaretta" spiega Anatoli. "Lui l'ha sistemato".
"Sempre detto che fumo uccide" commenta lei, strappando ai due uomini un sorriso.
Il corriere recupera l'arma ed i caricatori, poi insieme al resto della squadra si dirige verso l'entrata. L'enorme atrio è avvolto nel buio, l'unica fonte di luce è un fascio che illumina l'interno di un ufficio sulla parete di fondo. I tre costeggiano in silenzio il bancone della reception e sbirciano nella stanza. Una maglite è stata lasciata accesa sopra ad un tavolino ed illumina una sedia e due distributori di caffè e merendine, sfasciati e miseramente vuoti. Accanto alla torcia una ricetrasmittente trasmette scariche di elettricità statica.
Anatoli si avvicina al tavolino e spegne la radio, poi si mette in ascolto mentre gli altri scrutano nel buio. "Coglione qui fuori ha lasciato sua postazione per fumare" sussurra Anatoli. "Non sento nessun'altro in stanze di piano terra".
"Allora saliamo e troviamo Alexei" ribatte Pavlov, indicando le scale che salgono girando attorno alla tromba di un ascensore con le porte divelte.

lunedì 23 novembre 2015

0019 - effetto sorpresa

Manning road è un largo viale alberato, circondato da bassi edifici in vetro e cemento che ospitano svariati laboratori di ricerca in campo biotecnologico e ingegneristico. Di giorno il paesaggio è piacevole, quasi un toccasana per i progettisti e gli scienziati che possono rilassarsi ammirando le chiome colorate delle quercie, degli aceri e degli abeti, le cui ombre si stagliano sulla strada e sulle macchine ferme negli ampi parcheggi. Alle tre di notte, però, l'atmosfera cambia in modo radicale. Il buio fitto che avvolge la via incute una sensazione di inquietudine che penetra nelle ossa, ingigantita dagli sporadici versi di qualche animale.
"Bel posto" commenta a bassa voce Margarita. "Potrei usarlo per spaccio, peccato non vedere in giro possibili clienti".
"Ferma macchina in quel parcheggio" dice Pavlov, indicando uno spiazzo di fronte ad un lungo edificio con grosse vetrate. "Continuiamo a piedi. Viktor, tu coprirai fuga se cose dovessero andare male".
"Terrò motore acceso e arma pronta" ribatte il compagno, appoggiando un kalashnikov sul sedile del passeggero.
La squadra scende, si sistema i giubbotti in kevlar, recupera le armi e sfruttando la copertura degli alberi si dirige verso la curva che porta all'ultimo edificio in fondo alla via.
Ad un certo punto l'atleta si ferma al riparo di un tronco e fa segno ai compagni di rimanere immobili. Dopo essere avanzato tra i cespugli ed aver dato una rapida occhiata attorno a sé, individua due coppie di terroristi fermi al centro del parcheggio. I quattro uomini parlano a bassa voce tra di loro, lanciando di tanto in tanto un'occhiata all'unica via d'accesso. Pavlov osserva per un attimo i fucili mitragliatori in mano agli uomini, poi torna dai suoi compagni.
"Quattro uomini armati di sentinella" sussurra.
"Nessun problema, facciamo saltare loro testa" ribatte Anatoli, controllando che la sua skorpion abbia il colpo in canna.
"Tu sai quanti uomini dentro uffici?" chiede Pavlov, guardandolo storto. "Se tu spari, noi perdiamo effetto sorpresa. Propongo di passare da retro".
Il gruppo si sposta attraverso la bassa vegetazione ed in silenzio raggiunge il lato sud est dell'edificio. Una lunga fila di finestre al pianterreno si apre sulla facciata di cemento, ma il buio all'interno dei locali impedisce di vedere alcunché. Notando che più avanti la macchia di alberi si dirada, Anatoli muove un passo verso il muro, ma la mano di Margarita lo ferma.
"Abbiamo problema" sussurra, indicando in alto. Tra le fronde degli alberi si notano due figure che camminano sul tetto, scrutando attorno a sé nel buio.
"Aspettiamo che facciano giro, poi ci avviciniamo a muro e raggiungiamo ingresso su retro" sussurra Pavlov.
"Come fai a sapere di ingresso?" chiede la spacciatrice.
"Ci sono scalini in foto di Google Maps" ribatte il russo, sorridendo. "Quindi c'è anche entrata".
Il gruppo attende che la pattuglia sul tetto si sposti, poi raggiunge il muro e lo costeggia fino ad arrivare ad una piccola piazzetta dietro all'edificio. A ridosso delle piccole aiuole sostano un pick up, due utilitarie ed una motocicletta. Grandi porte di vetro danno su una larga gradinata, probabilmente la vecchia entrata principale.
"Io dico di sabotare macchine, così evitiamo che terroristi ci inseguano" sussurra Margarita, indicando i veicoli.
"Vuoi mano?" chiede Anatoli.
"Tu troppo grosso, ti incastreresti sotto. Coprimi spalle, invece" ribatte la donna, correndo nel piazzale ed infilandosi sotto il veicolo più vicino.
I due russi osservano l'ingresso e lanciano parecchie occhiate verso il tetto, preoccupati che qualche sentinella possa notare l'attività di Margarita. Entrambi si chinano quando sentono la porta a vetri che si apre e notano una figura armata uscire, frugarsi in tasca, infilarsi una sigaretta in bocca e trafficare con un accendino.

venerdì 20 novembre 2015

0018 - le richieste dei terroristi

Irina osserva per qualche minuto il lavoro di Nikolai, poi si volta verso la squadra e fa loro cenno di seguirla nell'ufficio. Viktor li sta attendendo all'interno, appoggiato ad un muro. Una parte della stanza è imbrattata di sangue. Le carte che prima erano disposte sul tavolo ora sono sparpagliate per terra e al loro posto c'è un tablet.
La donna si siede su una sedia pieghevole e si accende una sigaretta. "Ha chiamato Boris. Ha detto che terroristi hanno contattato lui per offrire scambio. Vita di Alexei in cambio di bomba".
Margarita lancia un'occhiata ai compagni, poi si volta verso Irina. "Alexei quando ci ha lasciato ha detto che doveva parlare con compratore. Probabilmente hanno catturato lui quando è andato da terroristi".
"Molto probabile" risponde la donna, spegnendo la sigaretta per terra ed accendendo il display del piccolo computer. Dopo aver scorso una mappa fino a posizionarsi su una zona della periferia di Boston, appoggia le mani sul tavolo e fissa intensamente i presenti.
"Abbiamo interrogato prigioniero, ci ha rivelato dettagli interessanti su sua organizzazione. Si chiama Luna di Sangue ed è cellula di terroristi che agisce su suolo americano".
"Che nome di merda" commenta Anatoli, lanciando uno sguardo ad Irina e tornando poi a fissare lo schermo del tablet.
Irina gli scocca un'occhiataccia, poi indica l'edificio al centro della mappa. "Lui ci ha detto che suoi amici si sono nascosti qui. E' vecchio edificio abbandonato di due piani in mezzo a complesso industriale a Billerica. Si trova alla fine di Manning road, quindi probabilmente terroristi terranno d'occhio strada".
"Cosa dobbiamo fare?" chiede Pavlov.
"Voi dovete andare lì e liberare Alexei".
"Quanti uomini dobbiamo affrontare?" chiede Anatoli. "Così sappiamo quanti proiettili portarci dietro".
"Prigioniero ha detto che cellula composta da trentina di persone, ma voi ammazzato parecchi al porto e lungo highway. Probabilmente ne è rimasta dozzina".
"Recuperiamo armi di terroristi da camion, nessun problema" commenta l'ex corriere.
"Passiamo da magazzino di Viktor e prendiamo giubbotti antiproiettile" aggiunge Margarita, facendo un cenno al compagno.
"Certo, mio deposito è sempre ben fornito" replica lui sorridendo.
"Che ne dite se voi prende anche qualche panetto di C4 da resti di bomba?" chiede Irina con un sorriso. "Può essere utile, da?"

giovedì 19 novembre 2015

0017 - ricalcolo

I russi montano in macchina ed imboccano la highway in direzione nord, diretti allo sfasciacarrozze. Ad un certo punto il traffico si congestiona e Pavlov, sul sedile del passeggero, nota dei lampeggianti ad un centinaio di metri di distanza.
"C'è polizia poco più avanti" commenta nascondendo la pistola sotto la giacca.
"Forse per colpa di casino che abbiamo scatenato con terroristi" replica Anatoli, suonando il clacson per far muovere la coda.
I due compagni lo fissano sbalorditi.
"Tu hai preso stessa strada di prima?" chiede Margarita con un filo di voce.
"E' via più veloce e unica che conosco".
"Tu grandissimo coglione" esclama Pavlov, coprendosi gli occhi con la mano. "Prendi quel vicolo, noi fa giro largo" aggiunge indicando uno svincolo sulla highway da cui stanno defluendo già parecchie macchine.
"Io non sono coglione, tu stai qui a grattarti invece di guardare mappa su tuo telefono di merda" commenta Anatoli, lanciando uno sguardo gelido al compagno ed imboccando l'uscita.

Dopo una mezz'ora la berlina entra nel parcheggio del Patty's Auto Parts e si ferma accanto ad Irina, che fissa il gruppo a braccia incrociate e battendo nervosamente il piede per terra. "Voi avete fatto giro turistico?"
"C'era blocco stradale su highway, probabilmente polizia è stata avvisata di presenza di cadaveri e di auto in fiamme" commenta Pavlov uscendo dal veicolo.
Irina osserva l'ingegnere russo scendere dalla macchina ed avanza sorridendo. "Privjet, Nikolai! Quanto tempo!"
"Zitta, brutta troia" esclama Nikolai sorpassando la donna e guardandosi attorno. "Dov'è bomba?"
La donna non fa caso all'appellativo e indica la grossa cassa in un angolo dello spiazzo, posizionata accanto ad una pila di auto sfasciate. L'uomo recupera un piede di porco da una cassetta degli attrezzi, sradica le assi davanti e comincia ad esaminare l'ordigno, staccando fili ed appoggiando i vari componenti accanto a sé sull'erba.

mercoledì 18 novembre 2015

0016 - decisione difficile

Il fragore dello sparo si ode distintamente anche sul retro. Anatoli spinge da parte Margarita ed assesta un calcio accanto alla maniglia. Il legno cede e la serratura cade a terra mentre la porta si spalanca. I due entrano con le pistole spianate nella cucina, ma si fermano quando sentono la voce di Pavlov che discute con un altro uomo.
"Non mi avrete mai, brutti stronzi!" urla una voce maschile.
"Non essere coglione, Nikolai" ribatte il russo, riparandosi dietro al muro ed estraendo la pistola. "Posa tua arma. Non vogliamo ucciderti, solo chiederti favore".
"Non mi fido di voi! Mi avete già fregato ultima volta, lasciandomi nella merda da solo con sbirri! Io quasi finito dietro sbarre per colpa vostra!" urla in risposta il padrone di casa, sottolineando il concetto con un altro colpo di revolver.
Dopo un secondo di silenzio, Pavlov si avvicina di nuovo allo spigolo del muro. "Ascoltami, devi aiutarci. Terroristi hanno portato in paese bomba sporca, tu aiutare noi a disinnescarla. Noi non vogliamo morire per esplosione o radiazioni! Neanche tu, immagino".
"Se tu non vuoi collaborare, noi prendere treno e scappare" aggiunge Anatoli. "Tu vuoi rimanere con tua famiglia dove esplode bomba?"
"Dici per davvero? Che radioisotopo è? Cesio? Uranio? Plutonio?" chiede Nikolai, abbassando l'arma e riparandosi dietro al muro che copre la rampa delle scale.
"Cazzo ne so, non ho frequentato università" ribatte l'atleta. "Dentro cassa c'è tanto C4 da fare saltare grattacielo e scatola di metallo con adesivo giallo con simbolo nucleare".
L'uomo rimane in silenzio per un po', soppesando le parole del russo e pensando a cosa fare.
"Nikolai? Ci sei o sei svenuto?" chiede Pavlov dopo un po'.
"Ok, non sparare. Io vengo a vedere bomba" risponde l'uomo con un filo di voce, poi tutti sentono il rumore della pistola che viene appoggiata sul pavimento e dei passi su per le scale.
Anatoli rinfodera la sua arma e, dopo un'occhiata a Margarita, apre il frigo. Con un'espressione schifata prende una coca e la stappa. "Niente vodka in questa casa?"
Pavolv intanto apre lo stipetto sotto la televisione, afferra una delle bottiglie di liquore e si accomoda sul divano in attesa del ritorno del padrone di casa.
"Vedo che tu messo comodo" esclama Nikolai, entrando in salotto e guardando storto l'atleta che sta bevendo una sorsata di vodka. "Io avvertito mia moglie e mio figlio che esco per lavoro".

martedì 17 novembre 2015

0015 - la casa di Nikolai

La via è silenziosa mentre la macchina si ferma di fronte alla piccola villetta a due piani, lontano dai fasci dei lampioni. Un vecchio pick up sosta nel vialetto, bloccando l'accesso al garage. Un corto vialetto costeggia l'abitazione e conduce ad un giardino sul retro, delimitato da una staccionata scura dotata di cancello. Tre finestre dagli infissi chiari risaltano sulla parete laterale, mentre un bovindo al primo piano dà sulla strada. Una piccola scala rossa conduce all'ingresso. La casa è immersa nel buio, solo una finestra è parzialmente illuminata da una fioca luce.
"Probabilmente ragazzino sta giocando a videogioco" mormora Anatoli, indicando la camera.
"Come convinciamo Nikolai a venire con noi?" chiede Margarita.
"Prendo piede di porco".
"Prima proviamo con gentilezza" interviene Pavlov, massaggiandosi la gamba. "Io busso, tu mi copri".
"E io?" chiede Margarita.
"Tu fai brava donna, attendi in macchina" replica l'ex atleta, sghignazzando quando la spacciatrice gli mostra il medio.
I due uomini scendono dalla berlina e, dopo aver dato un'occhiata alla strada, si avviano verso la porta. Pavlov ignora il campanello e bussa vigorosamente sullo stipite scrostato. Margarita nota un movimento al piano di sopra e scorge qualcuno che sbircia attraverso le tende del bovindo. Mentre l'atleta continua a bussare, la spacciatrice esce dalla macchina raggiunge di corsa il gruppo.
"Tu non dovevi restare in macchina?" chiede Pavlov.
"Qualcuno ha mosso tende al piano di sopra. Meglio evitare che scappi da dietro" risponde lei, poi ritorna sui suoi passi e prosegue lungo il vialetto insieme ad Anatoli, raggiungendo il cancello e scoprendo che manca il lucchetto.
"Nikolai vive sogno americano" mormora con un sorriso, poi fa scattare il chiavistello. "Americani lasciano tutto aperto".
I due seguono le piastrelle circondate dall'erba e salgono i pochi gradini che conducono all'ingresso sul retro.
"Questa è chiusa" mormora Margarita. "Sfondiamo?"
"Lascia perdere, dobbiamo solo controllare se tecnico esce da qua" ribatte Anatoli, impugnando la pistola.

"Nikolai, scendi e apri porta!" grida Pavlov continuando a colpire lo stipite, ma smette quando sente dei passi provenire dall'interno della casa e vede la luce esterna accendersi. Il russo nota la tenda che copre il vetro spostarsi leggermente, quindi fa un passo indietro e sfoggia il suo sorriso migliore. Il buio della stanza non gli consente di vedere chi c'è dietro, ma il suo orecchio allenato percepisce il rumore di qualcosa che si rovescia sul pavimento mentre la figura dietro al vetro si allontana di corsa.
"Russia non ti ha insegnato niente" mormora sbuffando l'atleta, poi apre la zanzariera e prova invano a girare la maniglia. Dopo essersi guardato attorno per assicurarsi di essere solo, sfonda il vetro con il gomito, infila la mano nel buco e ruota il nottolino.
"Nikolai, sto entrando! Voglio solo parlare" dice Pavlov, aprendo la porta e sbirciando dentro. La luce proveniente dall'esterno illumina un piccolo locale che si apre sulla sinistra ed un vaso in frantumi sulla soglia del grande salotto. Una piccola libreria, un paio di poltrone ed una televisione al plasma sono gli unici complementi d'arredo presenti. Dopo aver spalancato la porta del bagno di servizio ed essersi assicurato che nessuno si sia nascosto lì dentro, avanza verso il salotto ma si ritrae subito quando il muro accanto a lui esplode in un nugolo di schegge, precedendo di un soffio la detonazione della pistola.

lunedì 16 novembre 2015

0014 - nuovi ordini

La spacciatrice spalanca la bocca per dire qualcosa, ma la richiude subito senza emettere alcun suono. Viktor e Anatoli si scambiano un'occhiata preoccupata, mentre Pavlov rimane appoggiato alla parete del container, impassibile come una statua.
Irina appoggia le mani sul tavolo ingombro di carte. "Boris vuole che voi andiate a recuperare nostra vecchia conoscenza, Nikolai Zakharov. E' ex ingegnere russo, esperto di esplosivi. Ha già lavorato per noi, ma dopo ultimo incarico è restio a darci mano".
"Sa smontare bomba?" chiede Anatoli.
"Da" risponde la donna. "Lavorava per ex blocco sovietico come geniere. Da una decina d'anni si è trasferito in America con moglie e figlio. Ora abita a 73 di Arcadia Street, a Revere. Sua casa è vicina ad incrocio ed è parzialmente coperta da grosso albero, non potete sbagliare".
"Come convinciamo Nikolai a venire con noi?" chiede la giovane spacciatrice.  "Usiamo tortura? Minacciamo famiglia?"
"Fate quello che volete, basta che arrivi qui sano e disposto a collaborare".
"Possiamo prendere macchina?" chiede Anatoli.
Irina gli lancia un mazzo di chiavi. "Prendete mia macchina. Ora muovetevi".
Pavlov si stacca dal muro ed esce dall'ufficio assieme a Margarita ed Anatoli. Quando Viktor si volta, Irina lo ferma. "Popov, tu prendi due dei miei e vai a controllare tratto di strada dove vi hanno sparato. Non voglio che polizia arrivi qui".
"Da, capo" esclama lui, voltandosi e facendo un cenno ai due uomini che attendono fuori dal container.
Il resto del gruppo entra in una delle berline parcheggiate sul prato e si dirige verso Revere. Nessuno se la sente di parlare del carico trasportato e del pericolo corso durante l'inseguimento. La strada scorre tranquilla nel buio della notte, illuminata solamente dai fari del veicolo.
"Sono quasi due di notte, fermati che prendiamo caffè" mormora Pavlov.
"Ottima idea" commenta Anatoli, entrando nel parcheggio di un piccolo negozio ancora aperto.
Margarita tira su con il naso, pensando a quanto vorrebbe poter sniffare un'altra riga di coca.

venerdì 13 novembre 2015

0013 - il contenuto della cassa

Il motore romba nella notte mentre Anatoli spinge il camion a tavoletta, avvicinandosi pian piano alla coda della moto. Pavlov si sporge e sventaglia con il fucile, bucando la targa e facendo scartare di lato il terrorista.
"Merda, sta scappando!" grida rabbiosamente l'atleta mentre la moto si piega ed imbocca una strada laterale, scomparendo subito dopo in un vicolo.
"Lascia perdere, dobbiamo sbrigarci a raggiungere sfasciacarrozze" ribatte Anatoli, guardando nello specchietto in cerca di pattuglie della polizia. "Senti se altri stanno bene".
Pavlov incastra il fucile tra il sedile e la portiera e compone il numero di Margarita.
"Dì a quel brutto stronzo di tuo compare che impari a guidare meglio!" urla la spacciatrice. "Abbiamo rischiato di cadere fuori da camion!"
"Da, riferirò. State bene?"
"Sì, erano solo mezze tacche. Polizia russa molto più brava a sparare".
"Come fare loro a sapere dove trovarci?"
"Che cazzo ne so. Probabilmente c'è segnalatore".
"Da, possibile. Cerca segnalatore nel cassone".
"Senti, stronzo. Io donna, chiaro? Sono io a dare ordini, tu esegui. Capito, da?"
"Fottiti" ribatte Pavlov chiudendo la telefonata. "Anatoli, Margarita non è stata molto contenta di tua guida".
"Che si fotta" commenta il russo, accennando un sorriso.

L'autoarticolato imbocca la Salem Turnpike ed attraversa la palude Rumney fino a raggiungere la bassa struttura del Patty's Auto parts, una piccola casupola con un insegna sul tetto dietro a cui si intravedono cumuli di macchine impilate le une sulle altre.
Mentre il mezzo si avvicina al cancello, due uomini armati escono dalle ombre e fanno cenno ad Anatoli di proseguire. Il camion percorre lo stretto vialetto tra i rottami e si ferma accanto ad un largo spiazzo, in cui sono parcheggiate alcune vetture e dove stanno aspettando alcuni uomini.
Una donna atletica, vestita con jeans aderenti ed una giacca di pelle, esce da un container adibito ad ufficio e si avvicina alla cabina. I suoi occhi verdi, freddi come il ghiaccio, fissano Pavlov per un momento per poi spostarsi sulle due figure che scendono dal rimorchio.
"Ce ne avete messo di tempo per arrivare!" esclama Irina, appoggiando una mano sul fianco. "Voi seguitemi, ci penseranno miei uomini a scaricare camion".
"C'è anche prigioniero. E' preso male, non durerà molto" dice Viktor, indicando il rimorchio con il pollice.
"Ci occuperemo anche di quello" ribatte lei.
Mentre la grossa cassa viene scaricata con l'aiuto di un muletto ed il terrorista viene portato verso una delle macchine, la squadra segue il braccio destro del boss all'interno del piccolo ufficio.
"Avete fatto buon lavoro nel recuperare carico" dice Irina accendendosi una sigaretta. "Voi sapete cosa contiene cassa?"
"No, non abbiamo guardato" dice Margarita. "Non sono affari nostri".
"In certo senso problema anche vostro" ribatte la donna. "Dentro cassa c'è bomba sporca".

giovedì 12 novembre 2015

0012 - sparatoria ad alta velocità

Viktor e Margarita osservano le moto sfrecciare accanto al rimorchio e puntano le armi contro le berline scure che si stanno avvicinando a gran velocità. I volti dei terroristi sono una maschera di odio mentre si sporgono dai finestrini imbracciando i loro AK 47. Le prime raffiche dei russi tengono a bada le due macchine, che rallentano e cominciano a zigzagare per evitare i proiettili.
Anatoli osserva dallo specchietto laterale una delle due moto affiancare la cabina ed il passeggero mirare allo sportello. Il tratto di strada di fronte è libero ed il pilota gira con violenza il volante, facendo sbandare il camion che si inclina sulla sinistra. La moto si allontana per evitare la collisione, rasentando il guardrail e perdendo terreno.
"C'è altra moto da questo lato" esclama Pavlov, sporgendosi dal finestrino e inondando gli inseguitori di piombo. I proiettili raggiungono il passeggero armato alla gamba e segnano la carrozzeria della moto, che sbanda paurosamente e gratta sulle barriere di cemento. Il terrorista perde la presa sul compagno e vola all'indietro, atterrando sull'asfalto e rotolando verso il bordo della strada. La figura colpisce violentemente il guardrail e si accartoccia attorno ad uno dei pali di sostegno.

"Maledetto imbecille, ci farà cadere da camion!" grida Margarita, rialzandosi ed appoggiandosi alla cassa fissata alle sponde del rimorchio.
"Tu prima spara, poi lamenta! Io a destra, tu a sinistra" grida Viktor, distendendosi e mirando alla macchina più vicina. Un proiettile sfonda il parabrezza e colpisce la testa dell'autista, che esplode in un inferno di sangue ed inonda la cabina. La berlina sterza violentemente sulla destra e si ribalta. I corpi dei passeggeri volano fuori dai finestrini ed atterrano scompostamente sull'asfalto per poi venire travolti dalla vettura, che ruota un paio di volte su se stessa e finisce la sua corsa contro un palo.
"Bel colpo, Popov!" esclama Margarita, scaricando l'intero caricatore sull'altra macchina. I proiettili trapassano la griglia anteriore, bucano il radiatore e fanno saltare il cofano, che si apre di colpo in una nuvola di fumo biancastro. La macchina inchioda e si ferma appena prima di sfondare il guardrail.

Una raffica buca la portiera del guidatore ed Anatoli d'istinto si ritrae coprendosi il volto.
"Tra cento metri c'è incrocio, spingilo su barriera" urla Pavlov, indicando di fronte a lui.
"Spacchiamo culo a questo stronzo" ribatte il pilota, stringendo il volante fino a farsi sbiancare le nocche e ruotandolo di novanta gradi.
Il grosso mezzo sbanda sulla sinistra e la cabina sfiora il braccio del pilota, che si inclina per evitare di finire schiacciato sotto le grosse ruote.
Il terrorista riporta lo sguardo sulla strada appena in tempo per vedere il grosso spartitraffico venirgli incontro a folle velocità. Le sue braccia si alzano d'istinto nell'inutile tentativo di proteggere il volto. La moto si schianta sul blocco di cemento, accartocciandosi su se stessa e scagliando il compagno in aria. Anatoli lancia un'occhiata allo specchietto ed osserva con soddisfazione il corpo del terrorista finire il suo volo contro un cartello stradale e scivolare a terra in un informe ammasso di carne.
"Ora manca ultimo cazzone" dice Pavlov, indicando la moto che sfreccia davanti al camion e che scarta a destra ed a sinistra per evitare le raffiche sparate dai compagni nel rimorchio.

mercoledì 11 novembre 2015

0011 - in viaggio verso lo sfasciacarrozze

Pavlov si accomoda sul sedile del passeggero con un AK 47 in grembo e, mentre Anatoli si mette alla guida, osserva dallo specchietto laterale gli altri due sparire dietro al rimorchio. "Sai guidare questo bestione?"
"Io ho fatto autista e corriere per ambasciata, io guido tutto quello che ha ruote" replica il compagno con un largo sorriso. "Tu cerca indicazioni per arrivare al Patty's Auto Parts".
Dopo aver smanettato un po' sul cellulare, Pavlov riesce a trovare l'indirizzo ed esamina la strada da percorrere. "140 di Salem Turnpike. Prendi Route 1A in direzione Nord e poi continua su Highway 60 in direzione ovest. Sfasciacarrozze è su Massachusetts Route 107. Dobbiamo passare davanti ad aeroporto".
"Bene, ci manca solo di attirare l'attenzione di polizia" commenta Anatoli con una smorfia. "Guiderò piano".
"Così altri due non vomitano" ribatte l'atleta scrutando l'oscurità fuori dal parabrezza.

Dopo aver sfondato il cancello, l'autoarticolato si immette su Border Street e prosegue lentamente lungo le strade del sobborgo cittadino. Non sembrano esserci locali aperti nel quartiere ed il camion si destreggia tra le numerose macchine parcheggiate di fronte alle piccole case di mattoni. Una donna con un cane al guinzaglio si ferma ad osservare incuriosita il grande mezzo che le passa accanto, ma distoglie subito lo sguardo e torna sui suoi passi quando Pavlov le mostra il dito medio.
Il camion lascia scorrere un paio di macchine, poi si immette sulla Boston Expy e poco dopo illumina il grosso cartello che indica l'entrata dell'aeroporto Logan.
"Tieni sinistra" dice l'atleta, osservando il display del cellulare.
L'aeroporto scivola sulla destra, illuminato dai potenti fari dei piazzali su cui si stagliano le code di un paio di boeing, le sagome squadrate dei parcheggi multipiano ed i grossi silo pieni di carburante, per scomparire poco dopo dagli specchietti retrovisori.
"Ora speriamo di non incrociare qualche pattuglia" commenta Anatoli, mentre il camion sorpassa la successiva immissione e l'erba prende il posto del cemento.

"Avrei voglia di prendere caffè da Starbucks" mormora Pavlov osservando l'insegna verde della famosa catena mentre il camion attraversa l'incrocio. Il parcheggio davanti alla piccola costruzione è deserto, anche se sembra ci sia qualcuno che sta rovistando tra i cassonetti.
"A caffè pensiamo dopo, ora abbiamo compagnia" ribatte Anatoli indicando lo specchietto e scalando la marcia.
Due macchine sbucano sbandando da una strada laterale e si dirigono a tutta velocità verso di loro, affiancate da due motociclette che escono da una macchia di alberi. Le bandane attorno al collo degli inseguitori e le armi in mano ai passeggeri non lasciano molti dubbi sulle loro intenzioni.

martedì 10 novembre 2015

0010 - ordini superiori

Viktor sta controllando uno dei fucili dei terroristi quando sente il cellulare vibrare nella tasca. Il display segna un numero sconosciuto. "Chi parla?"
"Sono Boris, sei Viktor?"
"Da, boss" risponde il giovane interdetto. "Perché chiama noi?"
"Alexei non risponde a telefono. Voi avete recuperato carico?"
"Abbiamo avuto qualche problema con arabi armati, ma ora è tutto sistemato. Dobbiamo solo far avviare camion, prendiamo coca e partiamo".
"Merda" esclama la voce dall'altra parte della linea. "Lasciate perdere cocaina, prendete solo cassa. Muovetevi a raggiungere Patty's Auto Parts. Lì troverete Irina con altre istruzioni".
"Lo consideri fatto" dice Popov, chiudendo la telefonata. "Ragazzi, Alexei non risponde e gran capo vuole che portiamo carico da sfasciacarrozze".
Anatoli monta in cabina e prova a girare la chiave, ma il camion non vuole saperne di partire. Allora scende ed inizia a controllare il grosso motore, tastando ed osservando con occhio critico i vari componenti. "Coppa dell'olio è stata bucata".
"Potremmo usare dita di prigioniero" propone Viktor con un ghigno.
"Smettila di sorridere così, sembri quadro di Koulakov. Vai a prendere nastro telato, io provo a riparare guasto".
Mentre il russo tenta di coprire con dello scotch i due buchi da cui sta colando l'olio, gli altri caricano le armi dei terroristi sul camion. Poi Popov afferra il prigioniero per le ascelle, lo carica sul rimorchio e lo lega con una spessa corda.
"Ragazzi, qualcuno sta cercando di contattare questi stronzi" dice Margarita, indicando la ricetrasmittente fissata alla cintura di Mohammed, da cui si sentono arrivare delle frasi in arabo. La voce inizialmente sembra calma, poi quando non riceve risposta si fa via via più agitata. Pavlov recupera la radio e preme l'interruttore per trasmettere. "Tuoi amici tutti morti, figlio di puttana. Se ci raggiungi, abbiamo piombo anche per te".
Dopo un attimo di silenzio, l'altoparlante risuona delle urla in arabo dell'uomo in ascolto.

lunedì 9 novembre 2015

0009 - interrogatorio russo

Pavlov allontana l'AK 47 con un calcio, appoggia il borsone per terra e recupera da una delle tasche un laccio emostatico. Margarita osserva con interesse l'abilità del compagno mentre stringe la stretta fascia sotto alla rotula e ferma l'emorragia.
"Parla, cane!" urla l'atleta facendo rinvenire a schiaffi l'uomo svenuto.
Lo sguardo del terrorista si posa sul suo sguardo glaciale, poi si sofferma terrorizzato sul cannello acceso nella sua mano. "Io no dire te niente, infedele figlio di puttana!" biascica in un inglese stentato.
"Non ti permettere di offendere mia madre!" urla l'atleta, colpendolo con un pugno al volto. Il terrorista grida e sputa un fiotto di sangue a pochi centimetri dal borsone.
"Perché te la prendi tanto?" commenta Anatoli girando attorno al camion e guardando nel rimorchio, dopo una veloce occhiata ai due per terra. "Tutto paese si è fatto tua madre".
"Sì, ma lui non può sapere" ribatte l'altro. "E' questione di principio".
"Io no dire voi niente, Luna di Sangue uccidere voi sporchi infedeli!" continua imperterrito il terrorista.
"Luna di Sangue?" chiede Margarita, intenta a svuotare le tasche dell'uomo con la giacca marrone. "Chi sono?"
"Rispondi a signora o tuo dito salta" dice Pavlov, appoggiando per terra il bruciatore, recuperando una cesoia dalla sacca ed avvicinandola al suo dito mignolo.
"Io venire acclamato come martire da miei fratelli" urla l'uomo, sputando in faccia al suo aguzzino. "Io avere mie vergini in paradiso!"
Il rumore del dito tranciato viene coperta dall'urlo di dolore del terrorista, che osserva con occhi sbarrati il sangue cominciare ad uscire copioso ed inondare il pavimento.
"Tu hai altre diciannove dita. Tu rispondi, ora?"
"Io no dire niente!"
Con la coda dell'occhio, Pavlov vede la mano dell'uomo disteso a terra allungarsi e grattare il cemento per raggiungere il fucile. L'impugnatura della cesoia cala con violenza sul suo palmo, fratturando numerose ossa e strappandogli un altro grido.
"Questo qui non dirà nulla" commenta Margarita. "Noi portiamo prigioniero da capo, lui saprà cosa fare. Io intanto ho scoperto chi è capo di questi stronzi. Mohammed Al Faqir, pakistano".
Pavlov osserva ancora un po' la mano mutilata, poi getta le grosse forbici nel borsone, afferra il cannello ad acetilene e lentamente cauterizza la ferita alla gamba del terrorista.
"Divertiti con tue vergini" mormora poi, puntando il cannello sulle palle dell'uomo.

venerdì 6 novembre 2015

0008 - tra due fuochi

Il colpo di Pavlov colpisce uno degli uomini di striscio e fa voltare gli altri quattro. Margarita si appoggia allo stipite della porta, punta alla testa dell'uomo accanto al capo e fa fuoco. Il proiettile penetra nell'occhio e sfonda la scatola cranica. Ossa e pezzi di cervello inondano i volti dei due alle spalle della vittima, che urlano in preda al panico e si riparano dietro ad un cassone porta attrezzi.
"Ecco segnale" urla Viktor, alzandosi in piedi e falciando le due sentinelle con la mitraglietta. Anatoli si allontana dal muro, spiana la skorpion e inonda di piombo i due che hanno alzato la testa dal cofano. La raffica disegna una riga nei loro toraci, lo spruzzo di sangue inonda il pavimento del magazzino. I due ruotano su se stessi e scivolano lungo il muso del camion, lasciando una striscia scura sulla griglia anteriore.

L'uomo con la giacca marrone urla qualcosa ai suoi uomini, poi alza il fucile e sventaglia in direzione del corridoio. I proiettili sibilano sopra la testa di Pavlov, che si ripara dietro al muro mentre un rivoletto rosso gli scende lungo la fronte. Altre raffiche colpiscono il muro e lo stipite accanto alla porta, sollevando una nube di polvere e intonaco.
"Come osate spararmi contro, figli di puttana!" urla Margarita, premendo il grilletto e facendo crollare a terra un altro terrorista.
Anatoli corre in avanti, punta il capo e lo falcia con un'altra raffica. Una scia di proiettili si pianta sul soffitto mentre l'uomo crolla a terra in una pozza di sangue.
"Arrendetevi e forse risparmiamo voi vita" urla Pavlov, mentre si avvicina con la pistola in una mano ed il coltello nell'altra ai due sopravvissuti acquattati dietro al cassone. Per tutta risposta, una sventagliata sparata senza guardare disegna una sagoma astratta sul muro e colpisce Margarita alla spalla, che urla di dolore.
I due terroristi si alzano per finire il ferito. La lama di Pavlov, nascosto dietro al porta attrezzi, saetta verso il collo dell'uomo sulla sinistra e si infila fino alla spina dorsale. Lo sguardo incredulo continua a fissare l'atleta mentre il suo corpo crolla a terra.
"Prendiamo prigioniero!" urla Viktor, mirando alle gambe dell'ultimo sopravvissuto. Uno dei proiettili raggiunge la tibia e la riduce in mille pezzi. L'urlo di dolore copre solo in parte lo schiocco del perone che si rompe ed il tonfo del culo del terrorista che colpisce violentemente il pavimento.

giovedì 5 novembre 2015

0007 - accerchiamento

"Ben arrivata! Dove cavolo è Pavlov?" sussurra Anatoli, guardandosi attorno. "Dobbiamo decidere come entrare ed è bene farlo in fretta, sai che Popov ha grilletto facile".
"Quanti sono?" chiede Margarita.
"Popov ne ha visti quattro, ma potrebbero essercene di più" risponde l'uomo, poi indica una forma indistinta dall'altra parte del piazzale. "Potremmo utilizzare quella moto come diversivo".
"Un chilometro ancora lo fa, ma non penso andrà oltre" interviene Pavlov, giunto dal piazzale. "Gli ho tagliato cannetta dell'olio".
Anatoli rimane a bocca aperta, poi balbetta: "Ma potevamo usarla per fuga!"
"Eh, ormai non si può più" ribatte l'atleta con un sorrisetto ed un'alzata di spalle.
"A quello penseremo dopo" li blocca Margarita, cercando di evitare un inutile litigio. "Voi rimanete qui ed attendete nostro segnale, noi aggiriamo magazzino e cerchiamo altra entrata".
Anatoli fa un cenno con la testa, poi torna accanto a Viktor.
"Che avete deciso voi tre? Entriamo?"
"Non ancora. Attendiamo loro segnale e poi li riempiamo di piombo".
"Che segnale?"
"Non l'abbiamo stabilito. Penso quando sentiremo sparare".

Margarita e Pavlov ritornano sui propri passi e raggiungono le macchine parcheggiate. Il fascio di luce dell'atleta illumina una piccola porta in metallo che dà sul parcheggio.
"Si può aprire solo da dentro" sussurra la spacciatrice.
"Scommetti che questo sblocca serratura?" ribatte lui, estraendo dallo stivale un pugnale e passandoglielo.
La punta della lama fa scattare il fermo della porta, che si apre senza cigolare. I due entrano nel lungo corridoio che dà sui magazzini e si dirigono verso l'unica fonte di luce visibile. Dietro la porta a vetri si notano quattro persone che stanno parlando animatamente con un'altra figura che indossa un giubbotto marrone e dall'atteggiamento sembra essere il capo.
Pavlov ruota lentamente la maniglia e apre la porta, che ruota silenziosamente sui cardini. Il gruppo non sembra essersi accorto della loro presenza e prosegue nell'animata discussione.
"Ora prendiamoci camion" sussurra il russo, prendendo la mira e premendo il grilletto.

mercoledì 4 novembre 2015

0006 - rombo nella notte

Anatoli si avvia assieme a Viktor verso il parcheggio, ma giunto in prossimità della guardiola si ferma, attirato dal rumore di un motore diesel che si avvia, romba per un po' poi sputacchia e si spegne in un cupo gorgoglio. I due russi cercano con lo sguardo la fonte del rumore e notano che uno dei magazzini non è chiuso e che dal portone della rimessa esce un debole fascio di luce.
"Muoviamoci con discrezione" sussurra Anatoli, avanzando chinato in avanti con la skorpion in pugno.
Viktor lo segue a ruota, rasentando il muro dell'edificio ed avvicinandosi senza far rumore. Una volta a fianco dell'ingresso si inginocchia e lentamente sporge la testa, ritirandola subito dopo.
"Due uomini mediorientali con AK-47 di guardia, poi mi pare ce ne siano altri che stanno guardando dentro il cofano del camion" sussurra al compagno. "Ma non sono sicuro di quanti siano, li ho solo intravisti. Sembrano terroristi islamici".
Dalla rimessa arrivano spezzoni di frasi in una qualche lingua araba che i due non riescono a comprendere, poi una voce sovrasta le altre e sbraita qualcosa di incomprensibile.
"Entriamo sparando, giusto?" mormora Viktor, controllando che la sicura della sua mitraglietta sia disinserita.
"Avviso gli altri che serve potenza di fuoco" ribatte Anatoli in un sussurro, allontanandosi e telefonando a Margarita.

"Ok, aspettate nostro arrivo" risponde la spacciatrice, chiudendo la conversazione, poi si volta quando sente dei passi scendere dalla scaletta. Con una mano si assicura che il panetto di coca nella tasca sia ben nascosto.
"Di sopra c'è stata carneficina" commenta Pavlov, zoppicando verso di lei. "E' quasi peggio di quando eravamo a Elistanzhi. No, mi correggo, nulla può essere peggio di quella volta".
"Anatoli ha chiamato, hanno sentito rumore di camion e sembra che ci siano uomini armati dentro uno dei magazzini" dice Margarita, ignorando il commento dell'atleta. "Muoviamoci, andiamo a dar loro manforte".
Pavlov afferra il borsone, se lo sistema a tracolla ed esce dalla nave dietro alla donna.

martedì 3 novembre 2015

0005 - dentro la Polikarpov Mect

Solo una minima parte del gigantesco vano interno della nave ospita della merce. Nonostante le suole di gomma, i passi leggeri dei russi creano un cupo rimbombo che fa vibrare le numerose strutture di metallo. Una ventina di casse, legate alle pareti da grosse corde, attirano l'attenzione di Margarita. Due sono state sfasciate e la paglia dell'imballo è stata smossa, rendendo parzialmente visibile una rozza statua di gesso al suo interno.
"Dobbiamo recuperare queste?" chiede ai compagni, ed il suono della sua voce riecheggia nel locale.
Pavlov si avvicina, osserva la statua per qualche secondo, poi la afferra e la scaglia sul pavimento. Il forte rumore rimbalza sulle pareti e fa voltare di scatto Anatol e Viktor, che puntano le armi contro il compagno temendo un'aggressione.
"Era proprio necessario tutto questo casino?" chiede Margarita, grattandosi un orecchio.
"Proprio come pensavo" mormora l'ex atleta, chinandosi e raccogliendo un panetto di polvere bianca avvolto in nastro adesivo. "Queste statue servono per trasportare cocaina".
"Bene, io comincio a raccogliere roba" ribatte la spacciatrice, cominciando ad aprire le altre casse.
"Secondo me qualcuno si è fottuto il pezzo forte" commenta Anatoli, indicando con la skorpion una serie di pallet inchiodati al pavimento al centro della stiva. Alcune cinghie giacciono sparse attorno alla piattaforma improvvisata. Sul legno si vede la sagoma di una cassa più grande, impressa dal peso della stessa.
Margarita si avvicina per osservare i segni, poi prende il cellulare usa e getta e compone il numero del capo. Dopo alcuni squilli parte la segreteria telefonica.
"Alexei non risponde a telefono" dice la spacciatrice guardando preoccupata il display. "Non importa. Ci ha detto di recuperare caricoTrovate modo per portarlo via".
Anatoli fa un cenno a Viktor. "Andiamo a recuperare macchina di Zykov".
"Io intanto controllo che di sopra non ci siano altre sorprese" esclama Pavlov, salendo le scale per raggiungere il ponte.
"Bravi" mormora Margarita, aprendo un panetto e preparandosi una riga.

Appoggiato al corrimano della scaletta c'è un altro corpo, freddato da una raffica. L'ex atleta si sporge dal boccaporto e controlla la situazione sul ponte. Altri due cadaveri giacciono riversi sul pavimento di acciaio in mezzo ad un lago di sangue. Muovendosi tra i vari sfiatatoi alla massima velocità che la gamba zoppa gli consente, Pavlov raggiunte il castello di poppa e varca la soglia. Nel corridoio ci sono un'altra mezza dozzina di corpi crivellati di proiettili.
Conteggio di membri di equipaggio non mi torna pensa il russo, entrando nella plancia e trovando il capitano morto sulla console principale. Ne mancano una mezza dozzina.
Poi qualcosa attira la sua attenzione. Uno dei gommoni manca all'appello.

lunedì 2 novembre 2015

0004 - il molo

"Qui ce n'è un altro" sussurra Anatoli sbirciando attraverso il vetro della piccola costruzione. "E' una delle guardie private".
Un uomo in divisa giace riverso sul sedile della guardiola, lo sguardo vacuo e la camicia intrisa di sangue. Margarita ruota la sedia e nota due fori al centro del petto. "Sparati a distanza ravvicinata. Non è opera di ragazzino con pistola di padre".
"Ma cosa cazzo sta succedendo, qui?" sussurra Pavlov, indicando il molo accanto alla Polikarpov Mect. Una mezza dozzina di corpi in abiti da manovale giace accanto alla scaletta ancora abbassata. Un muletto giallo svetta al centro del molo, fermo a pochi metri dal portellone per l'accesso alla stiva, spalancato come le gambe di una puttana.
Muovendosi in silenzio, il gruppo si avvicina alla nave e comincia ad esaminare i cadaveri. Margarita fruga uno degli uomini e trova un portafoglio. Dopo aver intascato le banconote, estrae un documento d'identità.
"Questo è russo, dev'essere uno dei membri di equipaggio" mormora la spacciatrice.
"Questi invece dovrebbero essere gli uomini che dovevano occuparsi di carico" aggiunge Pavlov, girando uno dei cadaveri con il piede. "Dai bossoli per terra e dai fori di proiettile direi che hanno usato armi automatiche. 7.62 e 9 millimetri".
"Quindi devono esserci almeno due aggressori" commenta Viktor, tenendo d'occhio con la mitraglietta il ponte della nave.
"Forse anche più di due" replica Margarita guardandosi attorno. "Tutti questi uomini hanno fondine, ma non vedo pistole".
"Bel casino di merda" commenta Anatoli, alzandosi ed osservando l'imponente sagoma della nave. "Ora dobbiamo solo entrare nella pancia di quel rottame e trovare carico".
"Muoviamoci, allora" risponde Viktor, alzandosi ed avanzando cauto verso il portellone.