mercoledì 13 aprile 2016

0102 - i due volti della legge

Sergej si sveglia di soprassalto quando il telefono della camera inizia a squillare.
Dove è io? Che cazzo di ora è? pensa il russo, osservandosi attorno. Sembra che nella camera d'albergo sia esplosa una granata: vestiti, armi, giubbotti antiproiettile, asciugamani sporchi di sangue e flaconi di disinfettante sono sparsi sul pavimento, appoggiati sopra la televisione o appesi alle testiere dei letti. Pavlov e Anatoli stanno continuando a russare, mentre Margarita si agita nel letto, tirando su ogni tanto con il naso.
All'ennesimo squillo il pianista individua la fonte del rumore che lo ha svegliato ed alza la cornetta.
"Da?" risponde con voce assonnata.
"Buongiorno, qui è Francis, il consierge" esclama una voce maschile. "La polizia è qui per la denuncia. Li faccio salire?"
Le palpebre di Sergej si spalancano, il sonno è ormai un ricordo; i suoi occhi si posano sul kalashnikov appoggiato all'armadio, poi si spostano sulle bustine di cocaina sopra al comodino, accanto al telefono. "Niet. Noi scende subito".
"Come desidera, signore" ribatte neutra la voce all'altro capo della linea.
Sergej comincia a scuotere vigorosamente i compagni, che si coprono la testa con il cuscino e dimenando gambe e braccia cercano di riprendere sonno. Anatoli tenta di afferrargli d'istinto il collo, ma manca la presa e ruzzola giù dal letto.
"Polizia è giù per denuncia!" esclama ad alta voce il pianista. "Voi non vuole che loro sale, da?"
Tutti e tre, di colpo svegli, si alzano di scatto ed iniziano a vestirsi; Sergej intanto infila quante più cose può nel borsone di Pavlov. Dopo essersi assicurato che la valigetta sia ancora sotto al suo letto, si infila nel bagno per darsi una sciacquata al viso e si avvia verso la porta. "Voi è pronti?"
"Da" risponde Anatoli aggiustandosi il nodo alla cravatta; anche gli altri rispondono con un cenno del capo.
Il pianista, dopo un'ultima occhiata alla camera, apre la porta e si dirige verso la hall.

Quando la porta dell'ascensore si apre, il grasso uomo strizzato nell'uniforme da poliziotto smette di parlare con il consierge, fa un cenno al collega e, dopo essersi sistemato il cinturone attorno all'enorme ventre, si dirige a passi lenti verso i russi. Il secondo agente, un nero dai tratti spiccatamente africani e dal fisico asciutto, si scosta dalla colonna e si posiziona vicino al bancone; il suo sguardo, duro come il granito, di un uomo che ha già tratto le sue conclusioni, scruta i loro volti passando lentamente dall'uno all'altro.
Piedipiatti sospetta di noi pensa Pavlov, portando d'istinto la mano alla pistola e fingendo poi di grattandosi la schiena quando non trova l'arma, rimasta nel borsone tre piani più su.
"Buongiorno, sono il sergente Daub" esclama l'agente più vicino con voce da baritono. "Siete voi quelli a cui hanno rubato la macchina ieri sera, giusto?"
Una coppia di anziani rivolge uno sguardo curioso a Margarita poi, notando la mano del secondo poliziotto appoggiata al calcio della pistola, affretta il passo.
"Posso consigliarvi un luogo più appartato per discutere?" propone il consierge, abbandonando il bancone ed aprendo la porta di una stanza di servizio.
"Certo, certo, stavo giusto per chiedere dove potevamo sederci" esclama il poliziotto, sorridendogli ed invitando poi i russi ad accomodarsi con un gesto della mano.
Pavlov osserva per un momento la stazza del sergente, poi si avvia tranquillo verso la saletta; dopo aver osservato i vari divanetti appoggiati contro la parete, ne sceglie uno vicino alla porta e si siede. I compagni lo imitano, prendendo posto attorno al piccolo tavolo.
Il sergente fa cenno al collega di precederlo, poi sorride al consierge. "Non è che, per caso, avrebbe ancora qualche ciambella tra i dolci del buffet? Sa, non ho fatto colazione".
"Forse lui intende seconda colazione" sussurra Sergej all'orecchio di Margarita.
"Io dice terza" ribatte la donna, cominciando a giocare con una sigaretta e resistendo al desiderio di accenderla.
Quando il sergente oltrepassa la soglia, il collega chiude la porta e vi si appoggia. Il suo sguardo nervoso allarma i presenti attorno al tavolo, che iniziano a rimpiangere di non aver portato con loro le pistole.
Dopo aver preso posto su una sedia, il sergente appoggia una cartellina sul tavolo, tira fuori una penna, lecca la punta e si appresta a scrivere. "Allora, voi volevate denunciare il furto del vostro veicolo, giusto?"
"Da" esclama Anatoli, sfoggiando il suo miglior sorriso di circostanza. "Ieri notte quattro delinquenti ha fermato noi, ha tirato giù da macchina nostro amico, ha minacciato noi con armi ed ha rubato nostra berlina".
"Deve essere atterrato proprio male, il vostro amico" esclama il sergente, dopo un'occhiata al volto tumefatto di Sergej. "Sente molto dolore?"
"Io è più ferito in orgoglio" balbetta il pianista, abbassando lo sguardo.
"Voi sapete che il vostro veicolo è stato coinvolto in una violenta sparatoria?" chiede il sergente senza smettere di sorridere. "Ci sono stati dei morti".
I russi si scambiano alcune occhiate, poi rivolgono i loro sguardi perplessi verso il poliziotto, fingendo di non capire.
"Nostra auto sta bene?" chiede Anatoli, la voce rotta da un nodo alla gola.

6 commenti:

Mr. Mist ha detto...

La frase finale di Anatoli è meravigliosa! XD

andrea ha detto...

Anatoli ha le sue priorità, anche quando mente.

Anatoli ha detto...

...questa è auto no piazzale di ok corrall... XD

Nicholas ha detto...

Mi fa scassare che i russi pensino come parlano :D

andrea ha detto...

Prova a giocare un'avventura in cui tutti parlano con accento russo. Metà del tempo giochi, l'altra metà ridi! =D

Nicholas ha detto...

Sei un professionista, io riderei anche l'altra metà :D