mercoledì 6 aprile 2016

0099 - messa da requiem: dies irae

Sergej si acquatta dietro ad un cespuglio ed osserva Bennet cadere a terra, rialzarsi, afferrare la piccola valigetta e dirigersi barcollando dietro l'ultimo SUV. Un paio di uomini gli stanno fornendo copertura con le mitragliette; usando le portiere aperte come protezione, avanzano lungo la strada inondando di piombo le macchine in modo da impegnare i russi.
Rinfoderata la pistola, il pianista si infila tra le colonnine rotte del porticato e comincia a muoversi lungo lo stretto corridoio dal pavimento di legno; qualche asse scricchiola un po', ma il fragore degli spari copre del tutto il flebile rumore. Una volta raggiunto il vialetto che porta al garage, il pianista scavalca il poggiolo ed atterra tra le piante.
Bennet, rannicchiato dietro al SUV, sta osservando la sparatoria; il suo corpo vibra e le sue mani stringono convulsamente la maniglia della valigia mentre osserva le schiene dei suoi uomini, impegnati a fermare la furia dei russi.
"Ammazzate quei figli di puttana!" strilla l'uomo con quanto fiato ha in gola.
Quando il mercenario a pochi passi da lui viene colpito alla spalla, Bennet sussulta e si trascina verso l'altro lato del veicolo; il suo petto si alza e si abbassa velocemente, una delle mani trema incontrollata. Dopo aver chiuso gli occhi per qualche secondo, Bennet si sporge per vedere com'è la situazione da quella parte, dando la schiena al pianista.
Ora è momento buono! pensa Sergej, alzandosi in piedi e scattando verso la figura accovacciata. In pochi secondi raggiunge l'uomo alle spalle, carica un calcio e lo centra di punta sulla tempia. La testa di Bennet colpisce il paraurti del SUV, poi l'uomo ruzzola a terra; la valigia gli scivola di mano e finisce a pochi passi dai suoi piedi.
Sergej osserva a bocca aperta l'uomo che scuote la testa per riprendersi. Cazzo! Mio piano ha funzionato!
La vista di Bennet torna a fuoco, realizzando quello che è successo; fissa per un momento il volto del pianista, poi il suo sguardo si abbassa sul prezioso oggetto, immobile sull'asfalto a pochi passi dalle sue dita.
Per un secondo non esiste nulla all'infuori di Bennet, di Sergej e della valigia; poi l'esplosione di un colpo di pistola riscuote entrambi dal torpore. Tutti e due si gettano d'istinto sulla piccola ventiquattr'ore. Il pianista afferra il bordo di metallo, Bennet invece raggiunge la maniglia e tira. La liscia superficie scivola dalla presa di Sergej, che osserva sbigottito le sue mani vuote.
Quando alza gli occhi, il suo cervello registra prima l'espressione decisa di Bennet, poi il suo corpo ruotato di tre quarti, infine il suo braccio teso in rapido avvicinamento. La valigetta lo colpisce al mento, spedendolo lungo disteso.
Un dolore lancinante si propaga dal punto dell'impatto a tutto il volto, strappandogli un grido di dolore. Bennet si rialza e comincia a colpirlo con l'arma improvvisata, spinto più dalla disperazione che dalla furia omicidia.
"Muori! Muori, stronzo!" strilla come una femminuccia.
"Non su mie dita!" esclama con voce strozzata Sergej, chiudendo le mani a pugno e cercando di coprirsi il volto con le braccia.
Dopo cinque o sei colpi, Bennet si ferma per prendere fiato ed il pianista ne approfitta per fargli lo sgambetto; l'uomo cade a terra con un grido di stupore, quindi comincia a trascinarsi con le mani, tentando di sfuggire al suo aggressore.
Sergej si rialza, distende un paio di volte le dita per controllare eventuali danni, quindi estrae la pistola.
"Io non vuole uccidere te. Tu molla valigia e io lascia te andare".
Gli occhi di Bennet si spalancano, il terrore serpeggia sul suo volto. "Io... io non voglio morire".
"Tu molla valigetta, tu vive" scandisce Sergej.
"Non possiamo trovare un accord..." balbetta Bennet, prima che un grosso foro compaia sulla sua guancia sinistra. Il suo corpo viene scosso da un tremito, quindi si accascia al suolo.
Sergej alza lentamente gli occhi e vede Margarita, ferma accanto al SUV, con in mano la pistola ancora fumante.
"Tu prende valigetta, poi noi fugge a piedi" sibila la donna, toccandosi una spalla con una smorfia di dolore. La sua mano si macchia di rosso quando incontra la piccola striscia di sangue che le cola lungo il braccio. Sergej afferra la valigetta, poi si sporge da dietro la protezione del SUV; i mercenari sono tutti morti ed i suoi compagni si stanno caricando in spalla le borse e le armi.
Con un gesto noncurante, Anatoli chiude la portiera della macchina e si volta verso il pianista. "Tu muovi tuo culo!" esclama, girandosi poi verso il suono delle sirene, ormai molto vicine.

6 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Per un attimo ho temuto il peggio!
Anche stavolta Magarita esce malconcia da una sparatoria, anche se stavolta in modo meno grave!

andrea ha detto...

Una ferita di striscio non è nulla rispetto alla legnata che si è preso Sergej!

Anatoli ha detto...

prima sparare poi fare accordi XD

rocco ha detto...

ma se i mercenari erano tutti morti perchè non prendere bennet vivo?

andrea ha detto...

Sentivano già le sirene della polizia e scappare con un ostaggio era impensabile. E poi... lasciarlo vivo per cosa? Per farsi identificare e farsi in seguito dare la caccia?

rocco ha detto...

sono troppo misericordioso, non andrei mai bene per la mafia russa...