martedì 14 giugno 2016

0117 - il molo della Pacific Trade

"Noi ora porta te in mio rifugio" mormora Margarita, sorridendo al giovane naziskin. "Così noi può interrogare te senza che nessuno disturba noi".
"Meglio parcheggio isolato, più appropriato" ribatte Sergej, osservando la russa dallo specchietto retrovisore.
"Va bene, va bene" sbuffa Margarita, senza abbassare la pistola. "Tu guida, tu decide".
"Perché noi non porta lui presso molo abbandonato?" propone Anatoli. "Così se lui non risponde, suo cadavere finisce tra altri corpi di mafia italiana".
Il ragazzo sbianca, spalancando gli occhi. "Non... non vorrete..."
Sergej osserva per un momento l'espressione terrorizzata dell'ostaggio, poi torna a fissare la strada. Un colpo d'occhio gli basta per capire che il corriere accanto a lui sta guardando fuori dal finestrino alla ricerca di volanti della polizia o di altri possibili guai. Nessuno sembra notare quello che si cela dietro il suo sguardo serio; i dubbi sulla sua vita attuale, il rimpianto di non essere semplicemente un onesto pianista, la voglia di essere da un'altra parte, tutto ciò rimane ben nascosto dentro di lui. Un tormento privato, che Sergej sa di non poter esternare. Un tormento che potrebbe portarlo nella tomba.
"Molo?"
"Da, molo".

I russi si dirigono verso Chelsea, diretti al molo della Pacific Trade. La zona è abbastanza isolata ed a quell'ora è presente solamente un vecchio guardiano notturno duro d'orecchi, o almeno così sostiene Margarita.
Sergej prosegue lentamente lungo la via, imbocca l'ultima svolta e ferma l'auto davanti al cancello di rete della ditta. Il reticolo è annerito, un grosso buco è stato aperto vicino al montante ed il cartello appeso, in origine di un bianco immacolato, ora è una tempesta di macchie di muffa e ruggine. Dall'altra parte del fiume la città brilla dei colori delle insegne e delle finestre ancora illuminate.
Anatoli scende, recupera un tronchese dal bagagliaio e con un unico colpo fa saltare l'anello del vecchio lucchetto. Quando la berlina passa oltre, il corriere accosta il cancello e rimonta in macchina.
"Tu ferma là, dietro a palazzo" esclama Margarita, indicando con un cenno della testa l'edificio sulla sinistra. Il pianista percorre una decina di metri, poi si ferma accanto alla banchina e spegne il motore. Il silenzio è rotto solo dallo sciabordio dell'acqua, dagli sporadici fischi delle navi in transito e da un paio di gabbiani che non riescono a dormire.
"Tu ora benda lui e lega sue mani" esclama Sergej.
"Perché?" chiede Margarita.
"Lui non ha ancora visto mia faccia".
Margarita riflette sulla risposta, poi alza le spalle. "Da, nessun problema".
Dopo aver passato la pistola ad Anatoli, prende un fazzoletto dalla tasca e lo lega attorno agli occhi del ragazzo, poi recupera una fascetta dalla tasca e gli serra i polsi. Nonostante la mole, il giovane trema di paura. Sergej esce dalla macchina ed apre la portiera posteriore.
"Ora tu scende" esclama la spacciatrice, piantando la punta della scarpa sulla coscia del ragazzo.
"O... ok. Non voglio morire" piagnucola il naziskin, spostando lentamente le gambe fuori dall'abitacolo e cercando di issarsi in piedi.
Anatoli gira attorno alla macchina, gli appoggia una mano sulla spalla e lo guida verso la banchina. "Tu risponde, tu vive. Se tu invece tiene chiusa tua bocca, tu muore. Tu ha capito, da?"
"Sì, ho capito" balbetta il ragazzo.
"Ora tu inginocchia".

3 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Molto bello come post, stanno venendo fuori le riflessioni del povero Sergej costretto a fare una vita che non vuole ma che non può abbandonare senza uscirne male!
Adesso inizia l'interrogatorio alla "russa", vediamo se il nazi avrà delle info utili!

andrea ha detto...

Ho cercato di rappresentare Sergej esattamente come lo ha "dipinto" il giocatore.
È una caratterizzazione difficile, distante dai soliti "schemi" del giocatore... e, nonostante quello che lui pensa, è riuscito a renderlo molto bene! =D

Baro Barea ha detto...

Grazie Andrea, sono molto contento di sentirtelo dire! ;)